L’antropizzazione del territorio.
Il territorio considerato – il Verbano.
di:
Gianni Pizzigoni.
Nell’adiacente
Ossola la presenza più antica accertata
riguarda il sito mesolitico dell’Alpe Veglia. Questo ritrovamento ci dice
che da 9000 a 6000 anni fa degli uomini presubilmente dei cacciatori , hanno
freguentato l’Alpe Veglia e vi hanno installato un accampamento di caccia.
Questa scoperta ralativamente recente è una ulteriore conferma di quanto afferma
il Fedele (Fedele 1981 pag. 67) a proposito dei gruppi umani che hanno
freguentato le Alpi: “lungo l’intero perimetro delle Alpi dai lessini al
Piemonte, dal Vercors al Lemano e al Moosbuhl, presso Berna, l’uomo riapparve
nella montagna non appena le condizioni ambientali (la fine dell’ultima
glaciazione, quella di Würm, n.d.a.) lo permisero o lo giustificarono in termini
di risorse e di attrattive (...). I gruppi coinvolti sono paleolitici del
tardiglaciale, maddeliani superiori e (dal 9500 a.C.) azilliani, Francia e in
Svizzera: Epigravettiani medi e recenti in Italia. Di tali gruppi sono ormai
noti l’esplosivo successo demografico, la probabile organizzazione tribale e
l’opulenza. Da tutte le direzioni essi s’infiltrarono nelle Alpi quasi
incalzando i ghiacciai reinvasero le terre deglaciate proprio come facevano gli altri animali e le piante”. Si noterà che il Fedeledice che l’uomo
“riapparve” nella montagna poichè
l’uomo vi era già stato a cacciare l’orso, lo stambecco, il cervo e la marmotta
come dimostrano per esempio i siti del Monfenera nella bassa Vasesia, vicino a
noi, dove l’industria litica ritrovata (punte, lame, raschiatoi; riporta ai
cacciatori musteriani del paleolitico medio 70-50 mila anni fa). Nessuna di
queste traccie così antiche è stata ritrovata nel Verbano nè probabilmente vi si
potrà mai ritrovare perchè mai se l’uomo del paleolitico antico ha freguentato
questa zona lo avrà fatto percorrendo per brevi tratti delle creste e senza
lasciare tracce dal momento che nel corso della glaciazione di Würm (dal 60.000
fino al 10.000 a.C.) il territorio era per gran parte coperto da una coltre di
ghiaccio che potrebbe essere giunta a spessori di 1000-1500 metri e se anche lo
avesse fatto, nei periodi caldi degli interglaciali, la successiva glaciazione
ne avrebbe definitivamente cancellato le tracce.
attrezzi "dei contadini": coltelli, falci, roncole, falcetti, cesoie dalla necropoli di Ornavasso,
civiltà di Golasecca - foto © Museo del Paesaggio
La zona attorno al Lago Maggiore comincia ad essere stabilmente abitata nel Neolitico (circa 4000 a.C.) anche se un riparo sotto roccia presso Angera testimonia una freguentazione già nel paleolitico superiore, (15000-10000 a.C.) E’ nel Neolitico che la zona dei laghi varesini vede la costruzione di una fitta rete di abitazioni a palafitte sulle sponde dei laghi di Varese, Monate, Biandronno, Comabbio e sulla sponda lombarda del Lago Maggiore (Banchieri 1992), sulla sponda piemontese del Lago Maggiore, oltre all’abitato palafitticolo dei Lagoni di Mercuraro, Mergozzo sono solo le località dove siano stati rinvenuti reperti databili al Neolitico finale (Caramella 1993). I ritrovamenti di Mergozzo bastano però a stabilire che non sole le zone paludose dei laghi varesini e delle sponde del Lago Maggiore erano abitate nel Neolitico, ma anche quelle più vicine alle montagne, già alpine, erano freguentate e molto probabilmente, stabilmente abitate. Nel Verbano un solo reperto rinvenuto nelle ghiaie del torrente San Bernardino può essere riferito ad un’epoca, tra il Neolitico e l’età del Bronzo: si tratta di una accetta in pietra verde descritta dal Müller (üller 1913). L’età del Bronzo (2000-900 a.C.) e la successiva età del Ferro (900-0 a.C.) cominciano a fornire reperti più abbondanti a Bieno, Suna, Miazzina, Intra, Premeno, Zoverallo, Manegra e a Folsogno (presso Re, Val Vigezzo). Si tratta di fittili, fibule, un’ascia di bronzo, (Folsogno). Verso la fine dell’età del Ferro in età Gallo-Romana (Ornavasso, Pedemonte ed altri luoghi e Romana, i ritrovamentidivengono sempre più diffusi ed importanti su tutto il territorio, ma siamo ormai nel periodo storico. Il quadro che emerge dalle mappe accertate di ritrovamenti dell’archeologia ufficiale e differenziate per eopoca, è il seguente:
a-1 In
età paleolitica l’uomo “sfiora” il territorio del Verbano e forse si stabilisce
temporaneamente nelle soste del suo nomadismo almeno nelle adiacenze (Angera) o
vi si stabilisce, sempre precariamente per la caccia (Alpe Veglia).
a-2 in
età neolitica, quella età in cui si sviluppano l’agricoltura ed allevamento e
quindi insediamenti stabili, l’uomo costruisce stabilmente sulla riva Est del
Lago Maggiore, nella zona dei laghi varesini, e forse anche all’imboccatura
della Valle dell’Ossola (zona di Mergozzo) e sulla riva Ovest ai Lagoni di
Mercurago. Da qui inizia una lunga opera di penetrazione nel territorio
montagnoso circostante. Non è possibile stabilire con evidenza archeologica se
in queste epoche , cioè dal Neolitico in poi, fino alla fine dell’età del
Bronzo, siano stati costruiti manufatti permanenti in questo ambiente
prealpino.
Infatti
i ritrovamenti effettuati databili all’età del Bronzo sono sempre riferiti ad
oggetti che possono essere stati smarriti o deposti da individui di passaggio.
Sicuramente provata da inumazioni è l’età del Ferro (Civiltà di Golasecca ) con
ritrovamenti e tombe a Miazzina e Premeno. Questa visione frutto delle attuali
certe conoscenze archeologiche può
essere tuttavia integrata con delle ipotesi basate su probabilità e derivanti
dalle seguenti considerazioni:
1) I
ritrovamenti di abitati di età neolitica nella zona del Lago Maggiore
afferiscono sempre a civiltà palafitticole. Cioè ad abitati costruiti in
prossimità di stagni o su rive basse lacustri. I resti di questa civiltà sono
sepolti in ambienti paludosi, anaerobici, (assenza d’ossigeno), situati lungo le
rive basse e in stagni prosciugati (le torbiere), che hanno preservato i vari
materiali, specie il legno ( si ricordi che le prime e dicisive scoperte degli
abitanti palafitticoli avvennerò a metà del 800 in occasione di una eccezionale
siccità, che mise allo scoperto un po’ in tutti i laghi prealpini europei le distese di pali di fondazione
degli abitanti neolitici.
2) Se in
eopca coeva le zone montagnose fossero state abitate le costruzioni sarebbero
state costruite da capenne con struttura in legno, tetto in rami e paglia e
pavimento in terra battuta circondato da pietre per segnare il perimetro della
capanna. Di queste abitazioni a differenza degli abitati palafitticoli, non puo
essere rimasta traccia fatta eccezione per eventuali fondi capanna ricoperti
dalla terra ed introvabili se non
per fortunate coincidenze, (ad esempio di recente nei pressi di Ameno sono stati
ritrovati fondi di capanna di ascendenza presunta all’età del Bronzo.
Questo è l’elemento più interessante ed affascinante ai fini di questa ricerca che emerge dalla Necropoli di Ornavasso. Era questa la popolazione, divisa in varie sottoculture, che abitava l’Ossola, il Verbano e Cusio, nonchè gran parte delle Alpi Occidentali già prima dell’arrivo in massa dei Celti. Ai Celti, ai quali poi subentrarono i Romani, essi avevano “ceduto” le vie di transito principali, i siti che le presidiavano nei fondovalle (la valle del Toce in Ossola, forse la “via d’acqua” costituita dal Lago Maggiore e l’altra via d’acqua del Lago d’Orta).
Scheda aggiuntiva
A volte basta un
pizzico d'osservazione ed inconfutabilmente balza l'evidenza, la
testimonianza di un capanno, di una abitazione come nelle due fotografie
qui riprodotte. Quella a sinistra si riferisce ad una costruzione celtica
del tardo Neolitico, antecedente all'epoca Hallstattiana in Europa
centrale, gl'incastri sono uguali in tutte le costruzioni il tetto veniva
ricoperto con della paglia o con delle canne. Nella foto a
destra, riproduce un dettaglio di una costruzione in Valformazza
Pomatthal (provincia di Verbania), da notare il tipico incastro con le
quali venivano costruite le case Walser.
sotto ritrovante delle travi di una fondazione tombale in Sumpt presso Zug (lago di Zurigo) del IX secolo a.C. probabilmente la parete doveva consolidare il terreno argilloso, misuravano 3x7 metri nella tomba era stato rinvenuto del vasellame in coccio e in bronzo risalenti al X secolo a.C. |
Foto: Edizioni Gego Cittiglio VA |
Note:
Prof. Gianni Pizzigoni Direttore e Curatore del Museo del Paesaggio a Pallanza di cui è prossima l'apertura delle Sale espositive della collezione Bianchetti-Tonolli con oltre 1500 reperti d'epoca gallo-romana e proto-celtica. Il Museo con la sua raccolta di manufatti celtici assume una testimonianza di estrema importanza per la vasta collezione celtica portandolo fra i primi in Italia ed uno dei maggiori in Europa. dello stesso autore La Celebrazione dei Leponti - Arturo Fornara Sezione Archeologica
Bibliografie: Antonio Biganzoli - Il Territorio segnato - Incisioni rupestri nel Verbano edizioni Museo del Paesaggio - I Quaderni n.15 - Dicembre 1998 tip.Saccardo Ornavasso VB. - "I Walser" di Renzo Mortarotti edizioni Giovannacci Domodossola - La presenza celtica nelle valli Ossolane edizioni telematiche Odinonline98 - La Grande Gallia
Composizione grafica ed inserimento in Rete eseguito dallo Studio Web JS con le tecnologie della Microsoft ™ - Tutti i Diritti sono Riservati - © Copyright 2000 -