K. Marx, Introduzione del 1857
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Capitolo 1. Produzione, consumo, distribuzione, scambio (circolazione).

1) Produzione.

Individui autonomi. Idee del XVIII secolo.

Dapprima, l’oggetto (Gegenstand) è la produzione materiale. Individui, che producono in società - dunque, è naturale (natürlich) che il punto di partenza (Ausgangspunkt) sia la produzione di individui, determinata ( - n. 9) socialmente. - Il singolo ed isolato pescatore e cacciatore, con cui iniziano Smith e Ricardo, appartengono a quelle invenzioni (Einbildung) prive di fantasia, che sono le robinsonate ( - n. 10) del XVIII secolo, le quali in nessun modo significano (ausdrücken) -come, invece, si immaginano gli storici della cultura- reazione ad un’eccessivo raffinamento o ritorno ad una, per altro fraintesa, condizione naturale di vita ( - n. 11). Altrettanto poco è fondato su un tale naturalismo il contrat social di Rousseau, che -mediante contratto, appunto- unisce e mette in rapporto (Verhältnis) soggetti per natura indipendenti. parvenza e solo estetica parvenza delle grandi e piccole robinsonate, mentre in realtà sono l’anticipo della <società civile>, che nel XVI secolo si va preparando e che, nel corso del XVIII, compie passi decisivi per la sua maturazione. In questa società della libera concorrenza, l’individuo si presenta sciolto dai legami naturali, ecc., che in precedenti epoche sociali lo rendevano membro di un determinato e limitato conglomerato umano. Ai profeti del XVIII secolo, l’individuo del loro stesso secolo -che, da un lato, è il prodotto della dissoluzione delle forme sociali feudali e, dall’altro, è il risultato delle nuove forze produttive sviluppatesi nel corso del XVI secolo- si profila come un ideale, la cui esistenza è già qualcosa di antico: non un risultato della storia, ma il suo stesso punto di inizio. Esso appare individuo secondo natura, giusta la loro raffigurazione (Vorstellung) della stessa natura umana, non come qualcosa che nasca storicamente, sì invece qualcosa di posto dalla natura stessa. Tale inganno si è mostrato, finora, proprio di ogni epoca nuova ( - n 12). Steuart -che per molti aspetti è in contrasto col XVIII secolo e, da aristocratico, sta più sul terreno storico- ha evitato questo semplicismo.

Più ci inoltriamo nel passato storico e più l’individuo -dunque, anche l’individuo produttore- ci si presenta non indipendente, ma sì appartenente ad un tutto più grande: dapprima, in modo del tutto naturale, nella famiglia ( - n 13) e nella famiglia allargatasi a tribù; successivamente nella comunità -quali che ne siano le forme diverse-, nata dallo scontro, ma anche fusione, delle tribù. Per la prima volta nel XVIII secolo, con la società civile, le diverse forme della connessione sociale si presentano esterne (entgegen) all’individuo quali mèri mezzi per i suoi scopi privati, quale esteriore necessità ( - n 14). Ma l’epoca, che produce questo punto di vista -dell’individuo isolato-, è appunto quella del rapporti sociali (generali da questo punto di vista) fin qui più sviluppati. Nel senso più letterale, l’uomo è uno z v o n p o l i t i k o n ( - n 15), non solo un animale sociale, ma anche un animale, che solo in società può isolarsi. La produzione del singolo, del tutto al di fuori della società, è una rarità, che può capitare ad un individuo civilizzato che sia stato gettato dal caso in una condizione selvaggia, ma che già possiede dinamicamente le forze sociali; insomma, è un’irrealtà (Unding), così come lo sarebbe lo sviluppo della lingua, in mancanza di individui che vivano assieme e che comunichino tra loro attraverso il linguaggio. su ciò non vale la pena soffermarsi più a lungo. Non ci sarebbe alcun bisogno di toccare questo punto, se qell’insulsaggine -che pure aveva un senso (Sinn und Verstand haben) per gli uomini del XVIII secolo- non fosse stata reintrodotta, con serietà, nell’economia più moderna da Bastiat, Carey, Proudhon. Per Proudhon è del tutto ovvio trattare dal punto di vista della filosofia della storia l’origine di un rapporto economico -di cui egli ignora la storia effettiva-, e così egli mitologizza che ad Adamo o a Prometeo sia venuta in mente quell’idea fissa, che poi hanno introdotto nella storia. Nulla è più noiosamente arido del locus communis ( - n 16), che si mette a fantasticare.

Eternizzazione di storici rapporti di produzione. Produzione e distribuzione in generale. Proprietà.

Quando si parla di produzione, si parla sempre di produzione ad un livello determinato di sviluppo sociale -della produzione di individui sociali. Potrebbe dunque sembrare che, in generale, per parlare della produzione o dobbiamo seguire il processo storico di sviluppo nelle sue diverse fasi, oppure dobbiamo chiarir subito che ci limitiamo ad una determinata epoca storica, ad es. quella della moderna produzione borghese che, in effetti, è il nostro tema proprio ( - n 17). Tutte le epoche della produzione hanno certe caratteristiche comuni, certe comuni determinazioni. La produzione in generale è sì un’astrazione, ma un’astrazione sensata ( - n 18), nella misura in cui mette effettivamente in evidenza ciò che è comune, lo fissa e ci risparmia ripetizioni. Poiché questo che di generale o comune, isolato mediante raffronto, è esso stesso variamente articolato e si snoda in diverse determinazioni, ne consegue che alcune appartengono a tutte le epoche, altre son comuni solo ad alcune, altre ancora appartengono sia all’epoca più moderna che alla più antica. Non c’è produzione che possa esser pensata senza di esse; ma se le lingue più sviluppate hanno leggi e determinazioni che le accomunano a quelle meno sviluppate, proprio ciò che definisce il loro sviluppo -dunque, la differenza (Unterschied) da quel generale o comune, da quelle determinazioni, che valgono per la produzione in generale- deve essere distinta, in modo che, per l’unità -che deriva dal fatto che il soggetto [della produzione], cioè l’umanità, e l’oggetto [della stessa], cioè la natura, restan gli stessi- non venga dimenticata l’essenziale diversità (Verschiedenheit) ( - n 19). In tale dimenticanza, ad es., consiste l’intera saggezza dei moderni economisti, che vogliono dimostrare l’eternità e l’armonia dei rapporti sociali esistenti ( - n 20).

Ad es., nessuna produzione è possibile in mancanza di una strumento di produzione, fosse pure la nuda mano ( - n 21). Né alcuna produzione è possibile senza lavoro passato ed accumulato, si riduca pur esso alla semplice abilità che, attraverso l’uso ripetuto, si è andata depositando nella mano del selvaggio. Il capitale, tra l’altro, è anche uno strumento di produzione, anche lavoro passato ed obiettivato. Dunque, il capitale è un generale, eterno rapporto (Verhältnis) naturale; cioè, (a tale conclusione arrivo,) se trascuro che cosa rende capitale uno "strumento di produzione, un "lavoro accumulato". Conseguentemente, l’intera storia dei rapporti di produzione si presenta in Carey come una falsificazione malignamente organizzata dai governi.

Se manca ogni produzione in generale, allora manca, pure, ogni produzione generale. La produzione è, sempre, un particolare ramo della produzione -ad es., agricoltura, allevamento del bestiame, manifattura, ecc.-; ovvero, essa è la totalità (Totalität) ( - n 22). Il rapporto (Verhältnis), ad un livello sociale dato, fra determinazioni generali della produzione e particolari forme della produzione va svolto altrove (successivamente) ( - n 23). Infine, la produzione non è solo particolare. Al contrario, essa è sempre un certo corpo sociale, un soggetto sociale, che è attivo mediante una totalità, più o meno grande, di rami produttivi ( - n 24). Il rapporto, che l’esposizione (Darstellung) scientifica ha col movimento reale, comunque, non ha qui il suo luogo adeguato. Produzione in generale. Particolari rami della produzione. Totalità della produzione.

E’ una moda far precedere l’economia da una parte generale -appunto quella, che va sotto il titolo di Produzione (per es., cf. J.St. Mill)-, in cui vengono trattate le condizioni generali di ogni produzione. Questa parte generale consiste o si pretende debba consistere:

Ma questo non esaurisce tutto ciò di cui si occupano gli economisti nella parte generale. La produzione piuttosto, concepita nella sua differenza dalla distribuzione ecc., deve essere esposta come soggetta a leggi naturali eterne ed indipendenti dalla storia (cf. Mill per es.); con la quale operazione si introducono di soppiatto i rapporti borghesi come imprescindibili leggi naturali della società in abstracto. Questo è, più o meno consapevolmente, l’intero scopo di tutta l’operazione. Rispetto alla distribuzione, invece, gli uomini dobbono essersi concessi il pieno arbitrio. Facendo del tutto astrazione dalla rozza separazione tra produzione e distribuzione e da quello che è, invece, il loro reale rapporto, va subito chiarito che, per quante diverse forme di distribuzione possano esservi a diversi gradi della società, anche per essa -come per la produzione- deve, comunque, esser possibile ricavare determinazioni comuni e, quindi, annullare tutte le differenze storiche o risolverle in generali leggi umane. Ad es., lo schiavo, il servo della gleba, il lavoratore salariato ricevono, tutti, un certo quanto di nutrizione, che consente loro di esistere, rispettivamente, come schiavo, servo della gleba e lavoratore salariato. Il conquistatore vive dei tributi, il funzionario delle imposte, il proprietario fondiario della rendita o il monaco delle elemosine, il levita delle decime, come che sia, tutti vivono di un quanto della produzione sociale, che è determinato da leggi diverse da quelle, che valgono per lo schiavo, ecc. I due punti fondamentali, che tutti gli economisti inseriscono in questa rubrica sono: 1) proprietà; 2) sicurezza di essa mediante giustizia, polizia, ecc. E’, dunque, molto facile replicare:

Quando compaiono o, al contrario, scompaiono condizioni sociali corrispondenti ad un determinato livello della produzione, allora si presentano naturalmente perturbazioni della produzione, per quanto con gradi e con effetti diversi.

Per riassumere. Vi sono determinazioni comuni a tutti i livelli della produzione, che il pensiero fissa come determinazioni generali; ma le cosi dette condizioni generali di ogni produzione non son altro che momenti astratti, con il cui ausilio non si comprende concettualmente (begreifen) nessun livello della produzione, storicamente effettivo.