K. Marx, Introduzione del 1857
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Karl Marx
Introduzione 1857.
Schema dellopera.
(Stefano Garroni).
Nel primo §. (Individui autonomi. Idee del XVIII secolo), largomento di Marx è facilmente riassumibile. Leconomia politica ha come oggetto la produzione materiale, la quale è svolta da individui, che lavorano in certe condizioni sociali; è naturale, dunque, (nel senso di è ovvio, va da sé) che il discorso delleconomia politica prenda le mosse dagli individui, che operano in condizioni socialmente determinate. E pur vero che nel Settecento si è andato imponendo un altro modo di procedere, ovvero, si è ritenuto di poter iniziare il discorso delleconomia politica a partire dallindividuo isolato, dal Robinson Crusoe (il personaggio dellomonimo romanzo settecentesco di Daniel De Foe). ma si tratta di un illusione dellepoca (la robinsonata), la quale consegue, per un verso, dal tentativo di legittimare lindividualismo, proprio delleconomia borghese; per un altro, dalla cecità di chi non comprende come anche lindividuo isolato sia possibile, solo, perché esiste una certa maniera di organizzare la società, che appunto esprime se stessa attraverso individui isolati.
Questo è, di primo acchito, il discorso che Marx fa. E vero, tuttavia, che guardando le cose più a fondo -per così dire con uno sguardo più sospettoso e scaltrito-, la faccenda si rivela più complessa.
Il fatto stesso che Marx ponga il tema del punto di partenza (Ausgangspunkt) significa, implicitamente, richiamare Hegel, il quale aveva iniziato, ad es., la sua Scienza della logica (Wisenschaft der Logik) proprio affrontando la questione dellAusgangspunkt. Ed Hegel è richiamato anche nel proseguo. Infatti, quello che Marx, subito, indica come naturalmente il punto di partenza, a ben vedere, corrisponde ad una immediata considerazione, ad un diretto collegamento con lesperienza: in altre parole, è come se Marx dicesse <basta guardar gli uomini che lavorano, per rendersi conto che lavorano in condizioni socialmente determinate>.
Senonchè uno dei punti centrali del ragionamento, che Marx svolgerà in questo testo, è proprio la dimostrazione che cogliere la struttura sociale della produzione è operazione tuttaltro che naturale, perché, al contrario, assai raffinata -unoperazione, che richiederà di far ricorso a complesse procedure sia logiche che epistemologiche. Insomma, come vedremo, leffettivo Ausgangspunkt, per marx, richiederà un rapporto tuttaltro che immediato e naturale con lesperienza.
Giungere alleffettivo punto di partenza, infatti, richiede superare la fase della robinsonata. Ma che cosè questultima? E il momento in cui linsieme immediato -di uomo e sue condizioni di lavoro- viene rotto: il <tutto> dellesperienza si scinde e lindividuo si separa dalle condizioni oggettive (sociali e naturali) della sua attività produttiva, ponendosele, per così dire, di fronte, come poteri estranei, dai quali egli è tanto indipendente, quanto essi stessi sono indipendenti da lui. In termini hegeliani, questo è il momento dellintelletto (Verstand) che, giusta la lezione di Hegel, introduce, appunto, la scissione nella totalità immediata.. Solo superando questo momento, sarà possibile -lo vedremo- conquistare leffettivo punto di partenza.
La conclusione è chiara: il semplice discorso che Marx fa di primo acchito, in realtà, è un richiamo assai preciso ad un fondamentale ritmo del ragionamento hegeliano. Fin da subito, dunque, comprendiamo che sarà possibile intendere effettivamente queste pagine di Marx, solo a condizione di evidenziarne il legame con la riflessione di Hegel.
Nel successivo §. (Eternizzazione di storici rapporti di produzione...), Marx delinea un tema di notevolissimo rilievo dal punto di vista sia logico che epistemologico.
Se la produzione avviene in condizioni storico-sociali determinate, allora sembra vero che, se di produzione si vuol parlare, di fronte a noi si aprano solo due possibili strade: o quella della descrizione dei modi di produzione nelle differenti epoche storiche; o quella che, subito, limita il discorso ad unepoca determinata, ad es., la presente (ed appunto questo secondo, Marx dichiara essere il suo scopo).
Qui bisogna fare attenzione. Quando si affrontano problemi (teorici o no, che siano) riguardanti un certo ambito del sapere -e lo si vuol fare seriamente-, allora lattenzione deve esser rivolta alleffettiva realtà -storica o attuale- di quellambito determinato. Se il problema è precisare il punto di partenza delleconomia politica, la questione va posta, tenendo presente che cosa effettivamente fanno coloro i quali si occupano di economia politica. In altri termini, non si possono affrontare problemi scientifici (ma daltronde neanche quelli politici o morali, ecc.), se non ricostruendo il modo in cui, di fatto, quei problemi si pongono nellattuale o si son posti nella storia. Perché in realtà un problema scientifico -teorico o no, che sia- è tuttaltra cosa da unarbitraria speculazione, una soggettiva elucubrazione: infatti, esso non nasce casualmente, ma sì da reali difficoltà, che si incontrano nel praticare quel determinato ambito del sapere. Non meraviglia, dunque, se Marx, ponendosi il problema dellAusgangspunkt delleconomia politica, faccia bene attenzione a come gli economisti hanno ritenuto di risolverlo e perché non vi siano riusciti.
E in questa prospettiva che Marx chiama in causa una procedura diffusa tra gli economisti: quella di far precedere un trattato di economia da una parte introduttiva, in cui si chiarisca cosa significhi produzione in generale -levidente sottinteso di tale procedura è che, in primo luogo, bisogna definire loggetto di studio, e che ciò può farsi descrivendone le caratteriztiche costanti.
In realtà, revocare in dubbio lopportunità di tale procedura (come Marx fa) significa porre una questione, logica ed epistemologica, di grande rilievo. La nozione di produzione in generale è, infatti, solo un esempio di ciò che intende per <concetto> una lunga tradizione scientifica e filosofica, ma anche il pensiero comune.
Entro questottica, posti gli individui a, b, c, ..., n, elaborarne il concetto significa raccogliere tutte -e solo- le caratteristiche comuni agli individui in questione, scartandone, invece, le altre, quelle che differenziano un individuo dallaltro. Le origini empiristiche di tale procedura sono del tutto ovvie, ma è anche opportuno sottolineare che così procede il pensiero comune.
La critica di Marx a questo modo di concepire il <concetto> (nel nostro caso, la produzione in generale) presenta, ancora un volta, nettissime affinità con tesi già espresse da Hegel.
Prima di tutto, va notato che Marx non rifiuta in blocco questa forma di astrazione; al contrario, riprendendo Hegel, la definisce una verständliche Abstraktion, ricorrendo ad unespressione (tedesca, ovviamente) su cui vale la pena soffermarsi un pochino.
Laggettivo verständliche -va da sé- richiama un termine, che abbiamo già incontrato: Verstand o intelletto; dal che ricaviamo che questa forma di astrazione si colloca allinterno di quello scindere limmediata totalità dellesprerienza, che -lo abbiamo visto prima- è, a dir così, il compito o risultato della critica intellettuale (quella, ad es., che produce le robinsonate, di contro al naturale punto di partenza delleconomia politica). Tutti ricordiamo che nel Manifesto Marx aveva celebrato la funzione storica della borghesia e del capitalismo, capaci con il loro dinamismo, irriguardoso di ogni confine, di distruggere lidiotismo delle chiuse ("naturali") comunità feudali o, comunque, precapitalistiche. Qui, nellIntroduzione, Marx ripropone questo discorso, sia pure non nella prospettiva generalmente storica e sociale, ma sì in quella teorica ed epistemologica.
Il termine verständliche, però, corrisponde, anche, allitaliano <sensato> (come quando si dice, ad es., <far così e così è cosa sensata>); questo secondo significato è strettamente legato al primo -non solo nelluso della lingua tedesca, ma anche nella riflessione di Hegel.
Infatti, il mondo del Verstand è, anche, il mondo dellagire, dellutile, dell <economico> nel significato di efficace, pragmaticamente positivo, di razionale -nel senso in cui leconomia, anche oggi, si pone il problema dei mezzi razionali per conseguire scopi, in una condizione di penuria.
Se, dunque, la produzione in generale è un esempio di verständliche Abstraktion, possiamo dire, in italiana, che si tratta di una astrazione sensata. e ciò perché, come Marx chiarisce, raccogliendo i caratteri comuni alla varie forme di produzione succedutesi nella storia, ci consente di risparmiare ripetizioni e lungaggini (nella tradizione empiristica, questa è la giustificazione fondamentale delle astrazioni). Si tratta, dunque, di uno strumento utile allimpresa scientifica, esattamente nel senso in cui lo stesso Hegel lo riconosceva tale. Ma la questione non finisce qua; al contrario, è a questo punto che inizia il contributo importante, che Marx dà alla caratterizzazione -e, quindi, alle possibilità duso- di questo strumento scientifico.
Poniamo che siano dati gli individui a, b, c, ..., n (ad es., i vari modi di produzione succedutisi nella storia) e che p, q, r siano loro caratteristiche costanti; il concetto di produzione in generale risulterà, dunque, P = p, q, r.
Va considerato, però, osserva Marx che, ad. es., <p>, si svolga in p, p" e che queste nuove caratteristiche, immediatamente ricavabili da <p>, non si trovino in tutti gli esempi storici di modi di produzione, sibbene in uno e non nellaltro, nel più antico come pure nel più moderno ma non in quelli intermedi, ecc. (E le cose stanno proprio così, come mostra la storia dei diversi modi di produzione). E chiaro che, a questo punto, la formula della produzione in generale (P = p, q, r) rivela forti limiti, se il problema è quello di capire cosa sia produzione.
In altre parole, ci rendiamo conto a questo punto che comprendere cosa sia produzione non è mai possibile, se non combinando -e volta a volta, in modo diverso- caratteristiche comuni a tutti i modi di produzione e caratteristiche che, invece, differenziano questo da quello.
In conclusione, mediante lanalisi critica della verständliche Abstraktion, Marx propone, in realtà, una concezione del conoscere scientifico che, articolando comune e differente, giunge a cogliere la particolarità delloggetto suo. Che tutto ciò sia appieno hegeliano è difficilmente smentibile.
Unaltra importante osservazione: se (quasi) nulla posso ricavare dalla nozione di produzione in generale per la comprensione di un caso storicamente determinato di produzione, se volta a volta debbo trovare il modo in cui si combinano caratteri comuni e caratteri differenzianti, allora non esiste propriamente un metodo delleconomia politica, ma sì una complessa e duttile procedura (come propone di dire il marxista inglese H.T. Wilson - n 1), che dovrà plasmarsi sulla particolarità delloggetto in analisi.
Secondo Marx non è per caso che leconomia politica usa non criticamente la verständliche Abstraktion; al contrario, lerrore teorico e metodologico ha una funzione pratica (ideologica): scopo delleconomia politica è, partendo da una pretesa nozione di produzione in generale, ricavarne direttamente la giustificazione logica e storica del modo specificamente capitalistico di organizzare la produzione stessa. Per questo, nel suo modo di procedere, leconomia politica deve trascurare i momenti della differenza, della diversità e della particolarità (i quali, va da sé, sono invece centrali nella prospettiva di Hegel).
Dal punto di vista logico -osserva Marx- gli economisti, per svolgere la loro funzione apologetica nei confronti del modo capitalistico di produzione, ricorrono, in certi punti strategicamente rilevanti della loro riflessione, ad argomentazioni dalla forma tautologica. Dobbiamo -sia pur brevemente- soffermarci su questo tema, perché importante sotto diversi aspetti -di nuovo, sotto quello del rapporto di Marx con Hegel; ma anche sotto un profilo propriamente logico-epistemologico, come pure dal punto di vista della storia della riflessione filosofico-scientifica. Va da sé che, qui, cercheremo di isolare qualche lato della questione, scartandone arbitrariamente altri, con il solo intento di dare, comunque, il senso dellimportanza del tema.
Posto che con tautologia si intenda un enunciato, in cui il predicato mette in risalto qualcosa, che è già contenuto nel significato del soggetto, semplificando orribilmente possiamo dire che la riflessione moderna era giunta, particolarmente con lempirismo inglese, a distinguere due tipi di conoscenza: quella probabilistica (o Probability) e quella dimostrativa (o Demonstration).
La conoscenza di primo tipo era caratterizzata (a) dallavere come oggetto materie di fatto; (b) dallaffidarsi, dunque, allesperienza; (c) dal non poter mai produrre enunciati, che superassero la soglia del probabilmente vero; (d) ma, anche, dalla capacità di ampliare, sia pure nel limite della probability, il dominio della conoscenza umana -insomma, la capacità di produrre conoscenze nuove.
Laltro tipo di conoscenza, invece, (a) era in grado di produrre enunciati veri, di dimostrarli, ma (b) in quanto aveva come oggetto suo unicamente relazioni logiche fra idee; (c) il suo dominio, quindi, era ristretto allambito della logica e della matematica e (d) i suoi enunciati (veri) avevano necessariamente la forma della tautologia (giusta la definizione, che prima ne davamo); (e) con levidente conseguenza di non poter produrre nuove conoscenze.
Insomma, la distinzione fra Probability e Demonstration operava una duplice netta distinzione: -fra ciò che è logicamente necessario, da un lato, e, dallaltro, ciò che è empiricamente accertabile; -fra consistenza logica, per un verso, e, per un altro, conoscenza nuova.
Il mondo dei fatti, delle esperienze (dunque, anche della pratica e della storia) risultava, a questo punto, nettamente separato dal dominio della conoscenza vera, dimostrata, in quanto logicamente valida.
Limpostazione dialettica -di Hegel e di Marx- si pone nella prospettiva esattamente opposta: di superare, cioè, questa scissione tra verità ed esperienza, fra logica e storia - n. 2.
Per ragioni subito comprensibili, rinunciamo, in questa sede, ad illustrare le pagine, che al tema del sillogismo dedica Hegel nella sua Scienza della logica: sarebbero di grande utilità per il nostro problema; ci aiuterebbero alla stessa comprensione delle pagine di Marx, ma darebbero, certo, unestensione difficilmente tollerabile a questo nostro "Schema". Volgiamoci, dunque, decisamente a Marx.
Egli definisce vuota tautologia un enunciato come questo: <senza appropriazione (dunque, proprietà), non cè produzione>.
In effetti, produrre presuppone che si abbia una materia su cui operare e strumenti per trasformarla; in questo senso, basta comprendere il significato di termini come <produrre>, <produzione>, per intendere, anche, che implicitano termini come <appropriarsi> e <appropriazione>. Affermare, dunque, che non cè produzione senza appropriazione vale affermare che non cè produzione senza (le condizioni della) produzione. Ecco la vuota tautologia.
Senonché, leconomia politica fa di quella vuota tautologia, di quella mèra esplicazione, nel predicato, del significato del soggetto, la premessa maggiore di un sillogismo, che potremmo costruire in questo modo:
Il trucco evidentemente sta nella premessa minore. La quale riconduce senzaltro alla classe generale appropriazione/proprietà una forma storicamente determinata di appropriazione/proprietà (la privata borghese), senza porsi il compito di spiegare perché produrre (in certe condizioni storiche) impliciti questa e non unaltra forma di proprietà. Dal punto di vista formale, largomentazione sillogistica è basata su questa contraddizione: da un lato, si muove ad un livello puramente formale; da un altro, però, inserisce -surrettiziamente e senza alcuna giustificazione- un determinato contenuto storico (la proprietà borghese). La conseguenza è che, nella conclusione, la forma privata capitalistica di proprietà (cioè, il determinato contenuto storico) viene legittimata dallapparente rigore formale dellargomentazione, trascurando completamente di mettere in evidenza il nesso fra quella forma di proprietà e certe condizioni storiche. Per due vie si raggiunge, così, lapologesi del capitalismo: identificando la proprietà capitalistica con la proprietà in generale e, dunque, con unessenziale condizione per lesistenza della produzione; ma, anche, facendo scomparire dal quadro lelemento della storicità della forma capitalistica di proprietà (la quale se esiste perché legata a certe determinate condizioni, in mancanza di queste stesse condizioni, non ha più un rapporto necessario con il produrre, dunque, non ha più giustificazione) - n. 3.
E interessante notare che la tautologia <senza appropriazione, non cè produzione> potrebbe essere usata diversamente da come fa leconomia politica. Dal necessario nesso generale tra produzione e appropriazione, infatti, potrei ricavare la sollecitazione a scoprire quale sia il nesso tra questa forma di produzione e questa forma di proprietà e giungere, così, al risultato opposto rispetto alleconomia politica: ovvero la messa in evidenza della storicità della proprietà privata borghese.
Dobbiamo concludere, dunque, che per Marx né lastrazione sensata, né la tautologia sono -in quanto tali- strumenti scientificamente inapplicabili: nella critica marxiana, è in questione luso effettivo che di quegli strumenti si fa. Il quale è sempre negativo, quando nasce dalla pretesa di giungere a risultati significativi rispetto a determinate situazione storiche, pur muovendosi quegli strumenti su un piano puramente formale. Ciò significa che -come pure avveniva in Hegel- nella critica di Marx allastrazione <produzione in generale> ed alla tautologia non va colto il rifiuto della scienza empirica in quanto tale, ma sì la critica dellempirismo, ovvero, di quella filosofia, che pretende desser tale, generalizzando tecniche, procedure e punto di vista delle scienze particolari o empiriche, che invece hanno senso entro dimensioni ben circoscritte - n. 4.
Rispetto ai temi finora accennati, lintero capitolo 2 dellIntroduzione marxiana ("Il rapporto generale tra produzione, distribuzione, scambio e consumo") è di grande importanza. In effetti, in quelle pagine vediamo Marx ricorrere largamente sia allastrazione sensata che alla tautologia, ma in una prospettiva diversa da quella delleconomia politica. Egli, infatti, di quegli strumenti si serve non per nascondere dietro un apparente rigore formale determinati contenuti storici da legittimare surrettiziamente; ben al contrario, per mettere in luce la logica dinamica, la linea di movimento di precisi processi reali. In questo modo, noi abbiamo un chiaro esempio dellatteggiamento dialettico, che è volto -lo abbiamo accennato- a superare la frattura fra logica e storia, che era il risultato filosofico contro cui già Hegel si era mosso.
Il successivo capitolo 3 ("Il metodo delleconomia politica") è la parte dellIntroduzione, che più ha richiamato lattenzione degli studiosi -fino al punto che, a volte, è stata lunica parte effettivamente discussa. Probabilmente, questo è un errore, perché -come abbiamo visto- i capitoli precedenti sono anchessi assai ricchi di contenuto teorico, ma inoltre utilissimi non solo per comprendere le tesi poi esposte nel capitolo 3, ma forse, anche, per riuscire a collocare questultimo nella giusta prospettiva di lettura. Da parte nostra, affronteremo "Il metodo delleconomia politica", prima, richiamandone sommariamente i passaggi fondamentali; poi, confrontandone i punti salienti con precise pagine di Hegel e di Feuerbach.
Marx riprende il motivo dellAusgangspunkt delleconomia politica, precisando che cè un modo di cominciare dalla popolazione, in realtà, scorretto sia metodologicamente che teoricamente (si tratta di quellinizio naturale, che già conosciamo).
E la strada percorsa dalleconomia politica al suo inizio ed è caratterizzata dallassumere grandi aggregati (popolazione, classi sociali, differenti rami della produzione, ecc.), senza, però, averli posti in organica connessione lun con laltro. Il risultato è che il punto di partenza risulta semplicemente assunto dallesperienza e mantenuto nella coaticità, in cui si presenta: è, insomma, un concreto dellimmaginazione, ovvero, dellimmediata sensibilità.
La stessa economia politica non si è fermata a questo stadio, dacché ha sottoposto quellinsieme caotico ed immediato ad un lavoro di analisi, che le ha consentito di isolare singoli elementi fondamentali (ad es., il lavoro, il capitale, ecc.).
A questo punto, bisognerebbe percorrere la strada inversa ed evidenziando le relazioni fra gli elementi semplici, ricostruire linsieme, la totalità, in modo, però, da avere ormai non più un concreto dellimmaginazione, ma sì un concreto del pensiero. Solo a questo punto, abbiamo leffettivo cominciamento o punto di partenza -il quale è tale, anche per la percezione e la rappresentazione, quale che sia la coscienza, che esse ne hanno.
Due punti teorici, che sostengono questa argomentazione sono: (a) una concezione del concreto, che lo differenzia dallimmediato dato percettivo, identificandolo, invece, con un insieme articolato di molte determinazioni. (Va da sé che questo è appieno un motivo hegeliano). (b) Laffermazione che il modo, in cui la mente costruisce il concreto, si differenzia dai molti modi, in cui il concreto si va costruendo, di fatto, nellesistenza effettiva; sarebbe un grave fraintendimento, dunque, identificare la seconda costruzione (quella che avviene nellesistenza storica effettiva) con la prima (che corrisponde al modo, in cui la mente si appropria il concreto).
Nello svolgere questo argomento, Marx -sia pure con grande rapidità- cita, prima, un generico "hegeliano" e, poi, direttamente Hegel, accusandoli di cadere nellerrore speculativo, che consiste nellidentificare il percorso, che effettivamente il concreto segue, quando si va costruendo nellesistenza storica, con il processo di costruzione del concreto stesso, ma da parte della mente. Come dobbiamo interpretare ciò?
La domanda ha un senso, perché già in precedenti opere -La Sacra Famiglia e Lideologia tedesca (questultima, ricordiamolo, Marx ed Engels né vollero finirla, né tantomeno pubblicarla)-, la critica ad Hegel si alterna con quella agli hegeliani (esattamente, ai giovani-hegeliani). ma ciò avviene in un modo assai ambiguo, perché si accompagna a dichiarazioni dei due autori, dalle quali risulta che i giovani-hegeliani sono una sorta di riproduzione caricaturale, farsesca del pensiero di Hegel (ed, allora, non appare più chiaro come la stessa critica possa esser rivolta ad entrambi); inoltre, perché, quando in quei testi giovanili Marx ed Engels vogliono smascherare il meccanismo vizioso -se si vuole, limbroglio- su cui è costruito il metodo speculativo, in realtà, riprendono quasi alla lettera precise pagine di ... Hegel - n. 5. Ripropongono tali ambiguità i due accenni critici -allhegeliano e ad Hegel- presenti nellIntroduzione?
Consideriamo a questo punto una pagina di feuerbach, che critica il metodo di Hegel: "Tutto (per Hegel) deve avere esposizione (o dimostrazione), ossia restringersi e risolversi nell esposizione. L esposizione astrae da ciò che era saputo prima di essa; deve iniziare con un cominciamento assoluto. Ma è appunto qui che si manifesta subito il limite dell esposizione. Il pensare è precedente all esposizione del pensare. Nella esposizione linizio è il primo soltanto per lei, ma non per il pensare. L esposizione deve ricorrere a pensieri che si presentino solo successivamente, ma che sono però interiormente, nel pensiero, sempre presenti. L esposizione è ciò che è mediato, in sé e per sé, e per conseguenza anche in lei il primo non è, mai e poi mai, un immediato, ma piuttosto un posto, un dipendente, un mediato, in quanto viene definito da determinazioni di pensiero che sono certe per carattere proprio, che sono precedenti e indipendenti rispetto alla filosofia che si espone e si spiega in successione temporale. L esposizione si appella così, sempre, a un istanza superiore, che, relativamente ad essa, è aprioristica. E non è forse proprio quello che succede con l essere della logica hegeliana?"( - n. 6).
Tenendo presente che l "esposizione", che qui Feuerbach critica, è esattamente quella Darstellung, che espone il modo in cui il pensiero costruisce il concreto, uscendo così dalla caoticità del concreto dellimmaginazione, appare del tutto chiaro che la critica feuerbachiana ad Hegel va esattamente nel senso opposto rispetto a quello che, per Marx, è il corretto metodo scientifico.
Potremmo dire che Feuerbach si rende conto della differenza fra Darstellung (o esposizione del concreto del pensiero) e svolgimento reale (cioè, nellesistenza effettiva); ma cade nellerrore di voler appiattire la prima sul secondo e così, in definitiva, di rivendicare contro il lavoro del pensiero limmediata naturalità del fatto.
Che questo sia esattamente lopposto di quanto Marx propone ( - n. 7), è lo stesso Feuerbach in realtà a mostracelo, quando scrive: "Quello che è stato, finora, landamento della filosofia speculativa -il procedere, cioè, dall astratto al concreto [che è esattamente quanto Marx propone. S. G.], dall ideale al reale-, non è che un percorso rovesciato. Seguendolo non si perviene alla realtà vera, obiettiva, ma sempre solo alla realizzazione delle proprie astrazioni e, appunto per ciò, non si giunge alleffettiva verità dello spirito. Infatti, solo l intuizione (Anschauung) delle cose e delle essenze nella loro realtà obiettiva, rende l uomo libero e lo priva di ogni pregiudizio. Il passaggio dall ideale al reale ha il proprio luogo, solo, nella filosofia pratica." ( - n. 8)
Consideriamo, ora, alcune pagine di Hegel (fra le tante, che si potrebbero opportunamente richiamare), allo scopo di mostrare la sostanziale concordanza con la posizione espressa da Marx.
Nel §.4 delle sue Lezioni sul diritto naturale e la scienza dello Stato (Vorlesungen über Naturrecht und Staatswissenscheft) -conosciute anche come la Filosofia del diritto di Heidelberg, dove effettivamente furono tenute queste lezioni nel 1817/1818-, Hegel scrive: "Quando penso (denken) un oggetto, lo rendo un pensato (Gedanke) e gli tolgo ciò che ha di sensibile; lo rendo così qualcosa che è immediatamente ed essenzialmente mio: infatti, nel pensare (denken) sono presso di me. Elaborare il concetto (begreifen) significa penetrare loggetto, che non è più qualcosa di contrapposto a me, perché gli ho tolto ciò che, per sé, a me si oppone ... dice lo spirito <questo è spirito del mio spirito> e lestraneità (Fremdheit) è dissolta. Ogni rappresentazione è una generalizzazione e questultima appartiene al pensare. Pensare qualcosa significa renderlo generale ... Questo è latteggiamento teoretico."
Come si vede, qui è del tutto anticipata quella nozione di <concreto del pensiero>, che abbiamo incontrato in Marx. Ed è anticipata in un modo quantomai interessante: Hegel, infatti, ci dice che il pensato risulta da una rielaborazione delloggetto, operata dellatteggiamento teoretico; il che, in altri termini, significa che il pensato non è identificato con loggetto immediato. Dunque, quando Marx distingue modo di costruzione del concreto nel pensiero e modo di costruzione sua nellesistenza effettiva, a ben vedere, non introduce una novità rispetto ad Hegel ma, piuttosto, ne esplicita (o svolge) una ben precisa tesi.
Nel §.3 delle stesse Lezioni, Hegel distingue una trattazione filosofica ed una trattazione storica del diritto, negando la possibilità che entrino in contrasto lun con laltra, non perché siano luna il calco dellaltra, ma perché si pongono a livelli diversi. Nel successivo §.45, chiarisce che un universale -o concetto-, senza la figura empirica della sua realizzazione, è un universale astratto, che posso, certo, afferrare con il pensiero e descrivere nella sua mèra formalità, ma che -proprio in quanto astratto, nel senso che abbiamo visto- resta un "non vivente" e, perciò, inefficace praticamente.
La conclusione sembra chiara: Hegel nega la tesi idealistica, che identifica il reale con il pensato; distingue una trattazione delloggetto (nel suo caso il diritto; leconomia politica, per Marx) dal punto di vista del concetto e/o dal punto di vista della storia; distingue un universale astratto, che è privo di una figura empirica o presenza nellesistenza effettiva, da un universale che, invece e tenendo presenti le precedenti differenziazioni, si svolge nel reale. Non è forse questo lo sfondo teorico del discorso, che abbiamo visto come proprio di Marx?
A questo punto, però, si fa ancora più urgente la domanda che ci ponevamo? Perché Marx, in questa Introduzione, sia pure rapidamente, polemizza contro l "hegeliano" e contro lo stesso Hegel?
Probabilmente la risposta labbiamo sotto gli occhi. La polemica di Marx non è esattamente contro Hegel (che egli conosceva bene, utilizzava largamente e che rileggeva, quandera impegnato nella stesura di Das Kapital); la sua polemica è contro un certo modo di essere hegeliano, che trovava nella cosiddetta sinistra hegeliana -o movimento dei "giovani hegeliani"- e che radici nel testo di Hegel doveva pur averle. Indubbiamente la polemica di Marx è contro una determinata interpretazione di Hegel, accompagnata, però, dalla consapevolezza che difficilmente uninterpretazione è appieno arbitraria.
Dunque, la polemica di Marx è contro quello hegel, che può condurre alle tesi giovani-hegeliane; contro quei lati, quelle oscurità, quelle ambiguità, presenti nel testo di Hegel e che, in qualche modo, possono concludersi con le posizioni della sinistra hegeliana.
Senonché, questo non è tutto Hegel, né forse è lo Hegel essenziale. Si tratta, tuttavia, di un certo modo in cui - di fatto - il pensiero di Hegel è stato recepito, ha "funzionato". Ed è proprio quel certo modo che Marx critica (*).
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(*) NOTA:
Non è mia intenzione approfondire, ora, questo tema; tuttavia, come indicazione generale, si può dire ciò. Se in Hegel lagrammatica della dialettica è ricavata analiticamente dal pensare effettivo, in gran parte dellhegelismo, invece, la forma del movimento dialettico -presupposta al movimento reale- diviene giustificazione dellesistente, il quale -in questo senso- risulta dedotto da quella forma. E in tale contesto che si finisce nel duplice errore -come Della Volpe indicava, ma riferendosi ad Hegel- di trascendere lempirico, o effettivamente esistente, per poi recuperarlo acriticamente come necessaria manifestazione dellidea. Contro questo hegelismo, Marx insiste nel difendere le ragioni (in un certo senso) dell empirismo, del sapere determinato e della differenza tra processi di pensiero e processi storico-reali. Per certi loro aspetti, un ottimo esempio dell hegelismo da Marx criticato son le Lezioni di H.F.W. Hinrichs -comprese in AAVV, Gli hegeliani liberali, Bari 1974. Tuttavia, non va trascurato che assai spesso, nelle pagine dello stesso Hinrichs, si avverte nettamente la presenza del realismo dialettico, che fu di Hegel. Un altro modo (più stimolante, sembra a me) di dire quanto sopra è questo. Se si tengono presenti, ad es., le pagine dedicate al tema <denaro> nel Per la critica delleconomia politica, e quelle dedicate, nei Grundrisse, alle <Forme precapitalistiche di produzione>, si può sostenere che Marx interpreta lo svolgersi della storia come processo di effettiva separazione di parti che, allinizio, giacciono confuse luna nellaltra in una totalità immediata, anche se -dal punto di vista logico- sono, invece, concepibili separate luna dallaltra. Questo modello -delleffettiva separazione nel Dasein di ciò, che è logicamente concepibile come separato- è rigorosamente applicato da Marx, anche nel senso che diverse sono le forme, in cui si realizza effettivamente la separazione, posto che tale diversità sia logicamente concepibile. Ecco cosa significa, veramente, la distinzione, operata da Marx, tra modo di costruzione del concreto nella mente, e modo di costruzione dello stesso nella storia. Ed ecco perché Marx critica il pensare speculativo, in quanto accusato di attenersi rigidamente ad una sola, presupposta forma di movimento dialettico.