a
TRENTO
Il
monumento a DANTE ALIGHIERI
TRENTO
PIAZZA DANTE
Amara
sorte, quella di Dante Alighieri, dopo una giovinezza che
s'apriva a luminosa speranza di gloria e d'amore. Cacciato
dalla patria, deluso dagli amici, forte solo nella sua
fede in Dio, si incamminò,esule, lungo strade
sconosciute, lasciando tracce ambigue, segni sulla polvere
e sull'acqua. Lui stesso confesserà di essere stato
" legna senza vela e senza governo, portato a diversi
porti e foci e liti, dal vento secco che vapora la
dolorosa povertade ". Disperata solitudine d'uno che,
per il << piacere >> dei suoi concittadini, fu
gettato fuori dal dolce seno " de la bellissima e
famosissima figlia di Roma, Fiorenza, " dolce terra
dei suoi avi, sede dei suoi affetti più cari, nella quale
spererà invano, lungo tutta la vita, di ritornare. Ma
neppure le sue spoglie troveranno ricetto tra quelle
avarissime mura".
Il
monumento a Dante, sorge di fronte alla stazione
ferroviaria di Trento, affinchè ai viandanti si riveli
subito la LATINA identità della città. In primavera le
magnolie in fiore sono bianche nuvole attorno al bronzo
severo
L'esule
ha ritrovato la casa che nessuno gli potrà più togliere
e la pace così a lungo inseguita. Su di lui sono scese le
fonti della misericordia e del perdono. Non più
sentinella e guardia insonne, per comando divino, sulle
frontiere d'Italia. La città è riunita alla patria. Egli
rimane figura perenne sulla città di Trento, sulla
regione trentina, sulle sue valli, sui suoi castelli,
sulla sua gente, a difesa della lingua di accento latino,
e degli antichi e nobili costumi, delle sante tradizioni.
Sul marmo rimane inciso l'ammonimento che rivela il senso
ultimo della poesia dantesca, le ragioni più profonde
dell'arte: " Inchiniamoci italiani / Inchiniamoci
stranieri / Deh! rialziamoci / Affratellati nella
giustizia ". Un messaggio di valore universale al
quale i mutamrnti politici seguiti al 1896 ( data
dell'inaugurazione ) nulla hanno tolto. Rimane un invito
per tutti, per l'Europa, per il mondo. Il magistero
dell'arte trascende le vicende particolari e svolge una
funzione pacificatrice e rasserenatrice proponendo una
giustizia che se deve essere ben fondata sulla terra,
trova la sua seriore garanzia e giustificazione secondo
l'immortale disegno dantesco, nella realtà trascendente
di un Dio d'amore non mai estraneo alle vicende
umane........Nel verde parco di Trento giocano ora i
fanciulli. Su di loro nella sera, si stende la mano del
poeta, a levare ogni paura, a garantire che domani, da
dietro i monti che circondano la città, stringendola in
un abbraccio affettuoso, sorgerà ancora il sole.
"
Il suo volto fu lungo " dice di lui il
Boccaccio, che non conobbe il poeta e che perciò
dovette affidarsi al ricordo di chi l'aveva
frequentato, " ...e il naso aquilino e gli
occi anzi grossi che piccoli, le mascelle grandi,
e del labbro di sotto era quel di sopra
sopravanzato....e sempre nella faccia malinconico
e pensoso......"
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L'idea
del monumento a Trento di Dante Alighieri venne a
Guglielmo Rauzi, eminente figura patriottica trentina,
già nel luglio del 1886. Il 15 febbraio del 1891, il
comitato per il monumento delibera di avviare la
costruzione dell'opera. Arrivarono 42 bozzetti da artisti
di ogni parte d'Italia, essi vennero collocati al secondo
piano del palazzo comunale. Fu affidata l'esecuzione del
monumento allo scultore Zocchi. Le fondamenta del
monumento furono realizzate già nella primavera del 1893.
Cesare Zocchi, fu scelto perche seppe rappresentare a
meraviglia in maniera allegorica il pensiero degli
irredentisti trentini: Minosse, il " conoscitor delle
peccata " in atto di meditare il suo
Inferno Sta
seduto sul domato drago, l'antico <<
conoscitore delle peccata >>. Ogni <<
anima malnata li vien dinnanzi >> e <<
tutta si confessa >>. E' Minosse, l'antico re
di Creta, trasformato da Dante in terribile giudice
sulle porte dell' Inferno. Sopra di lui poggia tutto
il monumento, lo svolgersi dei cerchi, fino a
Beatrice, la donna benedetta. La giustizia è
infatti <<fundamentum regnorum>>. E la
giustizia reclama dall'Austria, la libertà per il
Trentino, il pieno riconoscimento della sua lingua e
della sua latinità. |
severo giudizio
( simboleggia l'Inferno ed è posto nel piano più in
basso ) sulle colpe dell'oppressore; Sordello che grida a
Virgilio: " Io sono della tua terra ! " e
tutt'intorno le anime purganti attratte dall'angosciosa
invocazione ( simboleggia il Purgatorio ). Al di sopra di
loro, Beatrice, l'Italia che guarda
commossa i due poeti.(
simboleggia il Paradiso ). E più in alto la imponente
figura di Dante, protesa la mano in atto di protezione. Il
monumento venne inaugurato il 15 ottobre del 1896.
Paradiso
Dal
Paradiso, in mezzo agli angeli osannanti, Beatrice, la
donna che Dante amò più di ogni altra cosa e che ora nel
cielo opera la sua salvezza, allarga le braccia per
invitarlo alla suprema ascesa. La grazia investe il poeta.
Dall'alto cala l'antica scala di Giacobbe e con Beatrice,
dolcissimamente sorridente, gli angeli si fanno incontro
al pellegrino ormai salvato. Figure di luce ( dietro ),
gli angeli si distinguono nell' Empireo in nove immensi
cerchi concentrici girando attorno a Dio, in uno slancio
d'amore e gioia. Lo scultore ha voluto fermare
quell'Eterno moto per rivelarci l'atteggiamento, il volto,
il sereno sguardo delle creature celesti scese a far
corona a Beatrice.
Purgatorio
Alle
spalle di Sordello, che sta in ginocchiodavanti a
Virgilio, due figure si sollevano dai martiri per udire
ogni parola detta dai poeti, per partecipare, in un certo
modo, all'incontro, che riempirà di un brivido di stupore
e commozione tutto il purgatorio. Assistono gli invidiosi,
seduti lungo la ripa e coperti di ruvido cilicio, che
recitando le litanie dei santi e considerando esempi di
carità e di invidia punita ( gridati da voci d'angeli
invisibili ora dolci, ora terribili ), si appoggiano con
le mani uno sulla spalla dell'altro. Infatti sono
accecati, al modo dei falconi, con un fil di ferro che
cucisce loro le palpebre, puniti per aver avvertito con
rabbia il bene altrui e rifiutati l'amore per il prossimo
Due
anime ottengono la salvezza. Espiato il loro peccato,
stanno per salire tra le anime trionfanti del Paradiso.
Molti
altri peccatori segnati dal dolore tentano di partecipare
all'incontro tra Sordello, Virgilio e Dante. Ecco i pigri,
i negligenti che attesero a pentirsi di essere in punto di
morte, cosicchè, per contrappasso ritardano il tempo
della purgazione seduti neghittosamente in attesa per
tanto tempo, in quanto vissero; dopo saranno finalmente
chiamati a subire la pena meritata.
Fu
Dante a Trento ? Poco paradossale che il <<
ghibellin fuggiasco >> amico di Cangrande della
Scala, signore di Verona, venisse accolto alla corte del
Principe Vescovo Tridentino. Più percorribile l'ipotesi
di un Dante ospite, nel castello di Lizzana, di Guglielmo
di Castelbarco il Grande, signore della Vallagarina. Ma
nessun documento comprova l'eventuale presenza del poeta
nel Trentino
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