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                                                    Intervista a Mara Maryl      

 

Un’intervista a Papohaku, la lunghissima e deserta spiaggia di Molokai, alle isole Hawai’i.  Mara è avvolta in un pareo e il vento  perenne 

di Molokai lo fa svolazzare.

 

D.: Lei di dov’è, precisamente?

R.: Sono nata ad Agrigento ma l’infanzia l’ho trascorsa Trieste dove sono nati tutti i miei

      fratelli. Poi la mia famiglia si trasferì a Napoli, al Castel dell’Ovo che ha influenzato 

     tutta  la mia vita.  Non posso fare a meno del mare, del sole, del clima mite. Poi sono 

     venuta a  Roma dopo aver vinto una borsa di studio al Centro Sperimentale di Cinematografia.

    

D.: Mi risulta che è stata anche giornalista. Su quale giornale scriveva?

R.: Quando frequentavo il liceo, durante le vacanze lavoravo a "Panorami d’Italia" e, come freelance, ho collaborato anche a

     "Il Mattino" di Napoli.

D.: Quando ha scoperto la sua vocazione di attrice?

R.: Quasi per caso, a Napoli, in teatro. Ero entrata in un gruppo di amici che avevo messo su una compagnia ed un giorno mi chiesero

 di sostituire la protagonista in una commedia francese. Inventai il personaggio di un’ingenua maliziosa, molto brillante, e 

un critico mi dedicò quattro colonne nella pagina degli spettacoli, con tanto di foto in costume da bagno e sotto scrisse

"la perfezione in bikini". Non mi aspettavo davvero tanti elogi e ne fui stupita, tuttavia ancora non pensavo  alla 

recitazione come alla mia professione futura. Fu una mia compagna di scuola, che, a mia insaputa, fece domanda per me 

al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e quando mi giunse il telegramma per l’esame fu per me una sorpresa 

completa!

D.: Però andò a Roma, diede l’esame e fu ammessa, vero?

R.: Sì. Andai a Roma senza dire nulla ai miei, fui ammessa ed ebbi la borsa come migliore attrice.  Mio padre era furioso e non

      volle più vedermi.

D.: E il suo lavoro a "Panorami d’Italia"?

R.: Dovetti rinunciare. Affittai una camera mobiliata al Babuino e frequentai il corso di recitazione al CSC,  che allora durava due anni,

 riuscendo ogni mese ad avere la borsa come migliore interprete.

D.: Qual è stato il suo primo film?

R.: Frequentavo ancora il Centro Sperimentale quando mi chiamò il regista Dino Risi per "Nonna Sabella" tratto dal romanzo di

 Pasquale Festa Campanile. Dopo "Nonna Sabella" recitai in una dozzina di film,  in ruoli secondari, e lavorai con

 Vittorio DeSica, Peppino DeFilippo, Tina Pica, tutti grandissimi attori che venivano dal teatro e io stessa continuai a fare teatro recitando ne "Le Gatte"

 di Nicola Manzari per  la regìa di Sergio Sollima, all’Arlecchino  di Roma e al Manzoni di Milano, continuando a fare quel

 personaggino frizzante e malizioso  che già aveva avuto tanto successo a Napoli.

D.: Mi dica del suo primo film da protagonista.

R.: Fu "Libido". Collaborai alla stesura del soggetto e trasposi nella trama quello stesso personaggio dell’ingenua maliziosa.

 "Libido" fu il film dei grandi esordi: con me debuttò Giancarlo Giannini e anche mio marito Ernesto Gastaldi e il suo 

coregista Vittorio Salerno erano al loro primo film. Realizzato con budget microscopico (26 milioni di lire!) "Libido" ebbe un 

successo clamoroso sia in Italia che all’estero decuplicando il piccolo capitale investito e facendo felice il distributore, Mario 

Siciliano,  che mi offerse subito un ruolo analogo in un altro film di sua produzione, ma al momento delle riprese ero al terzo 

mese di gravidanza, tuttavia Mario insistette affinché facessi quella parte a costo di tagliare alcune scene. Io non volli essere 

pagata, ma la sera della prima, Siciliano mi regalò un meraviglioso gioiello.

D.: Nel mondo del cinema c’è sempre stata una lotta al coltello per affermarsi.  Ricorda qualche episodio poco piacevole?

R.: Sì, me ne ricordo alcuni, non tanti, ma non amo parlarne. Preferisco ricordare le persone straordinarie che ho conosciuto, come 

     Marcello  Mastroianni, di una cortesia e professionalità assolute anche con chi, come me allora, era alle prime armi, e Anna 

    Magnani che   durante il film "Risate di gioia" mi prese a ben volere, inoltre io avevo fatto la mia tesi di diploma proprio su di lei. 

    Ricordo con simpatia anche Pietro Germi.

D.: E dopo "Libido"?

R.: Dopo "Libido", diventato ormai un cult, ho interpretato una commedia brillante intitolata "Cin Cin…Cianuro!", che è forse il film

 che più mi ha divertita. Purtroppo incappò nel fallimento della Lux ed ebbe una modesta circolazione in Italia.

Fui poi protagonista ne "La lunga spiaggia fredda", in "Notturno con grida", in "La Fine dell’eternità" e ho partecipato 

alla stesura di una mezza dozzina di sceneggiature.

D.: Niente TV?

R.: Poca. Mi sono imbattuta in funzionari, come dire, poco gentiluomini… Ma qualcosa ho fatto, a Napoli per la regìa del grande

  Enzo Trapani, a Milano dando voce ai pupazzi di Peppo Sacchi, quello che poi abbattè il monopolio Rai con Telebiella.

D.: Ha altri interessi oltre alla recitazione?

R.: Sì, certo. Intanto ho fatto molto sport: ginnastica artistica a livello agonistico e poi scherma, equitazione e danza moderna.

Poi amo la pittura: dipingo a olio con pennello, spatola e coltellino. Mi piace disegnare a matita e con la cosiddetta "sanguigna". 

Sto lavorando a una serie di visi di donna, un po’ "la donna nel mondo" perché  mi colpiscono le caratteristiche etniche dei 

volti femminili.

D.: Oltre alla collaborazione nella scrittura dei film e ai suoi articoli come giornalista,  mi risulta che ha scritto anche dei romanzi. 

      E’ così?

R.: Sì, libri gialli, scritti , come dire, in regime di emergenza alimentare… Ne ricordo tre che mi sembravano i più riusciti: 

"Timor panico, caso 214", "Femmine in vetrina" e "Il mercato dlle Veneri". Ho scritto anche qualche racconto di fantascienza, 

uno è stato tradotto da Harry Harrison e pubblicato su una rivista di sf americana, si intitolava "Perché?", ma sono molto

orgogliosa di un altro racconto che avevo intitolato "D.I.O. = Dna Informazione Originaria", dove ipotizzavo che la vita fosse

arrivata sulla Terra portata dalle comete.  Oggi quell’ipotesi sta diventando scientificamente valida e sono molto fiera della 

mia intuizione.

D.: Mi scusi, se mi permetto, ma lei usa un profumo che mi pare di non aver mai sentito…

R.: (ride) Si chiama "Mara", l’ho fatto io con fiori tropicali in alcol a 90 gradi, sa, un altro mio amore sono  queste isole dove, io e mio 

marito passiamo quasi tutte le nostre estati. E ora, se permette, vado a fare  un tuffo…

  Mara lascia scivolare il pareo dorato sulla sabbia rosa di Molokai e 

   si immerge tra le onde che vengono a morire su questa spiaggia

     che non reca impronta di piede umano.

 

 

 

s.g.

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