Archivio immagini: Vittorio Rosso


Storia della Pala di San Francesco
A cura della D.ssa Emanuela Bellemo
dal sito: http://www.artinvest2000.com

Nel 1518, Carpaccio, dopo aver consegnato la pala per la concattedrale di Capodistria, ormai anziano e rattristato dal sorgere di un'arte nuova, così diversa dalla sua, entrò in trattativa coi Francescani di Pirano per una pala da apporre nella loro Chiesa.

La prima testimonianza ce la danno Ludwiig e Molmenti che descrivono la pala in questa maniera: " L' altro quadro, con l' indicazione sottosposta: VIVTOR CARP. VENET MDXVIII è nella Chiesa di San Francesco di Pirano, sopra un altare formato da due colonne con un gran' arco, su cui sono intagliati graziosi rabeschi. La Vergine col Bambino è seduta in trono e le fanno corteggio i Santi Francesco, Pietro, Antonio, Ludovico da Tolosa (secondo altri Sant' Ambrogio) e Chiara. Dappiedi del trono due angeli suonano uno la mandola e l' altro il violino, e nel fondo, a destra e a manca del trono, si distende la prospettiva di Pirano con la chiesetta di San Nicolò, il Palazzo del Consiglio, la Torre del Comune e le mura coronate di merli ghibellini".

Un contributo fondamentale per questa pala è lo studio fatto dal Fiocco nel 1932. Secondo lo studioso " fondamentali ricordi antonelleschi vi riaffiorano stupendamente, nella geometria della costruzione del gruppo sotto un' ampia arcatura Chiesastica, aperta completamente sullo sfondo, per lasciar vedere il più bel panorama del porto, quale si coglie venendo dal mare alla graziosa cittadina istriana, tutta appollaiata sul suo piccolo promontorio. Al trono, ove siede la Vergine in alto, col Bimbo in seno, si arriva per una serie di larghi gradini, su cui scalano le monumentali figure dei Santi che la venerano, mentre sull' ultimo in basso due angeli sonanti, posti per riempire il troppo vuoto, formano quasi la base ad una seconda piramide, che esalta quella principale delle sacre figure e vi è come inserita. Culmina in un vaso da cui sporgono i più serici fiori d' iris, disposti anch' essi con armonica raggiante simmetria".

Un' importante notizia per quello che riguarda la collocazione della pala ce la dà il Caprin il quale ci dice che fino al 1787 la pala stava sull' altar maggiore inclusa in un' edicola di marmo, tutta intagliata di superbe sculture del cinquecento. Nel 1787 viene abbattuta la tribuna e il quadro viene traslocato nella cappelletta laterale a sinistra, più prossima alla porta del tempio, e gli stupendi pilastri, assieme con gli archetti, vennero sepolti sotto ai grossolani racconciamenti fatti dai lavoranti di muro.


La descrizione di Giuseppe Caprin
" Nello sfondo scende da una parte il colle, con le Mura e le Torri merlate, che abbracciano il quartiere di Marzana; dall'altra parte il quartiere di Punta, signoreggiato dalla Chiesa di San Giorgio, si distende, serrato dalla cinta, sino alla bocca del porto. Nell'arco del piccolo mandracchio emergono dal caseggiato il palazzo pubblico, la torre dell' Orologio (?) e la chiesetta di San Pietro.


Per quello che riguarda l' iconografia, l' autore ci dà delle notizie molto interessanti; ad esempio ci dice che il Bambino tiene nella mano due ciliege; ci dà delle indicazioni topografiche molto precise circa i quartieri rappresentati nella pala, che sono: da una parte il quartiere di Marzana e dall' altra il quartiere di Punta con la chiesetta di San Giorgio. Il Caprin decifra le lettere D. B. incise in uno dei piedistalli della tribuna di San Francesco di Pirano. Quelle iniziali si riferiscono probabilmente ai Del Bello, ricca e nobile famiglia Piranese di antica origine Padovana (vedi lapide di Nicolò Del Bello del 1430 nel chiostro del convento stesso), che avranno contribuito all' erezione di quell' altare.

Foto: Vittorio Rosso

Altro riferimento molto importante per la nostra pala è quello del Semi che addirittura considera questo quadro come " un modello di applicazione che troverà largo spazio non solo tra i Veneti (pittori n.d.r.), ma anche nell' Emilia e nella Lombardia, per poi generalizzarsi ". Sempre secondo il Semi " la musica induce a soave meditazione la Vergine, che il Bambino riguarda con dolcezza infantile e con sublime verità: i personaggi del contorno si dispongono all' estasi della preghiera ". L' Humfrey ci ripropone l' iconografia dell' Opera: questi nota che Francesco, in qualità di titolare della Chiesa, si trova al posto d' onore alla destra della Vergine; che l' identificazione dei Santi è la seguente: (da sinistra a destra): Ambrogio (non Ludovico di Tolosa), Pietro, Antonio da Padova, Chiara e Giorgio.

Per quello che riguarda lo stato di conservazione dell' opera questo appare molto precario (tener presente che il quadro non è a Pirano e non è visibile al pubblico n.d.r.) anche perchè ha subìto uno spostamento sulla parete settentrionale della Chiesa esposto all' umidità, ma anche perché in tempi non molto lontani (ora sono lontani n.d.r.) esso fu sottoposto ad un restauro di cui se ne vedono ancora i danni. Questo fino al 1940 quando l'opera è stata poertata al riparo dai danni provocati dal periodo bellico. Essendo tale pala di proprietà dell' Ordine dei Minori Conventuali, questa è stata portata al riparo nella Basilica del Santo a Padova. Diverso è il discorso per la pala della Chiesa conventuale di San Francesco di Pirano, non legata all' Ordinario diocesano ma di esclusiva pertinenza dell' Ordine dei Minori conventuali che nel 1517 si erano divisi dai confratelli francescani Osservanti.

La pala è firmata e datata VICTORIS CHARPATII VENETI OPUS MDXVIII (Opera di Vittore carpaccio Veneto 1518) e mostra, in posizione eminente sugli altri quattro Santi graduati sugli scalini discendenti dal trono della Madonna con Bambino, i due grandi Santi dell' Ordine Francescano: Francesco di Assisi e Antonio da Padova. I frati dunque si sono fatti dipingere la pala come hanno voluto loro. Papa leone X°, per porre fine alle beghe scandalose delle due correnti dei Frati Francescani, aveva imposto la convocazione a Roma, nel 1517, del Capitolo Generalissimo di tutti i Figli del Poverello. I fraticelli si erano riuniti dentro Roma, ma in due chiese separate, Santa Maria in  Ara Coeli ed ai Santi Apostoli, eleggendo due Ministri Generali, sicchè il Papa dovette accettare la "frattura" e confermare l' uno e l' altro.

La corrente conventuale aveva eletto Frate Antonio Marcello de Petris da Cherso, allora Ministro della Provincia Francescana dalmato - veneta, personaggio di forte carattere, già emerso nelle varie cariche da lui ricoperte di continuo nell' Ordine. Ma chi era Antonio Marcello de Petris?

Egli nacque a Cherso nel 1450. Della giovinezza e dell' adolescenza di Frate Antonio sappiamo che entrò molto presto nel convento di Cherso. Nel 1489 ricoriva a Veglia la carica di Custode. Nel 1496 diventa Provinciale di Dalmazia. Ed ecco le tre tappe fondamentali che portano frate Antonio a diventare, nel 1509 ambasciatore a Venezia, poi nel 1514 la Provincia lo elegge suo Provinciale e nel 1517 viene nominato Ministro Generale dell' Ordine dei Frati Minori Conventuali, resterà in tale carica fino al 1523. Morirà a Cherso nel 1526.
Tornato da Roma, Padre ANtonio Marcello fu accolto a Venezia dal Doge, in Senato, con grandi onori, come suddito autorevole e fedelissimo, di affidabilissima discendenza, essendo di padre nobile di Cherso e di madre Patrizia Veneziana dei Marcello, educato nel palazzo del nonno materno, già Bailo Veneto a Costantinopoli. L' arme araldica del frate Ministro Generale era troncata e portava le due insegne dei Patrizi, Petris di Cherso e Marcello di Venezia. Era un "biglietto da visita" piuttosto autorevole.

Nell' anno 1517 il frate è eletto e confermato Generale dell' Ordine, è accolto in trionfo al Palazzo Ducale di Venezia e va diritto in Istria a visitare quei conventi Francescani per stroncare sul nascere qualsiasi germoglio di sedizione del ramo degli Osservanti: nel " Liber consacrationum Ecclesiarum " della Curia Vescovile di Trieste - già Diocesi di Capodistria - sono registrate le sue visite nella Diocesi di Pola nell' anno 1517.

Avendo trovato il Carpaccio già a Capodistria, è logico pensare che lo abbia fatto ingaggiare dai suoi frati di Pirano. Le date coincidono a perfetto incastro: 1516 pala di Capodistria; 1517 quadro del Podestà Contarin e arrivo in Istria di Frate Antonio Marcello de Petris; 1518 pala di San Francesco di Pirano.

Un autorevole studioso di cose d' arte dell' ordine Francescano, il padre Granic, nel suo " Album delle opere da lui catalogate " ha riferito appunto al padre Generale A. Marcello la commissione al Carpaccio della pala di Pirano e di altre d' Istria e Dalmazia, di certo disperse e perdute nel tempo. Ma il Granic parla addirittura di mecenatismo e munificenza dello stesso fra' Antonio Marcello de Petris, cosa possibilissima data la disponibilità della Cassa Generalizia e del patrimonio familiare del frate che, morendo, lascerà al convento della sua Cherso un testamento di tutto rispetto.
Dice padre Granic del Marcello: " munifico mecenate del Carpaccio, è da credersi commettesse quei dipinti che fregiano i nostri conventi  d' Istria e Dalmazia ". La frase è riportata a pagina 105 in una nota biografica sul padre Antonio Petris Marcello nel volume I° dello " Spoglio dei Libri Consigli della Città di Cherso ", pubblicato da Stefano professor Petris a Capodistria nel 1892. Lo scritto del prof. Petris è riportato in " Cherso note storico geografico artistiche " di Nicolò Lemessi, pubblicate a cura di padre Antonio Vitale Bonmarco ( anch' egli Chersino N.d.r. ), allora Ministro Generale dei Frati Minori Conventuali e poi Arcivescovo di Gorizia ( Roma 1980 ).

Padre A. Marcello, insignito del titolo di Arcivescovo di Patrasso " in partibus infidelium ", nel 1522 fu nominato Vescovo di Cittanova d' Istria (Diocesi soppressa nel 1828 N.d.r.) dove prese forti posizioni nei confronti di Portole ed Umago. In quegli anni risulterebbe che senza il suo volere, nei conventi Istriani non si muovesse foglia.


Lo schema iconografico della pala è così disposto:


il primo Santo che incontriamo alla nostra sinistra è Sant' Ambrogio, nato a Treviri, quando il padre ne era Prefetto (per altri Ludovico da Tolosa N.d.r.). Qui egli è raffigurato nelle vesti di un vescovo con la mitria e il pastorale e nella mano destra tiene i calici d' oro spezzati e poi tramutati in verghe per pagare il riscatto dei prigionieri cristiani, quando nel 378 d.C. i barbari invadevano l' Impero Romano. Sant' Ambrogio dedica parte della sua vita pastorale alla propaganda della verginità. Questo Santo potrebbe essere la rappresentazione ancora una volta del Vescovo da Sonica, che nella pala è rivolto verso di noi.



Sul secondo gradino, troviamo San Pietro, nato a Betsaida in Galilea. Insieme con il fratello Andrea conobbe Giovanni Battista e ne divenne discepolo. Tutta la famiglia era dedita alla pesca. In questa pala egli è rappresentato con un libro aperto, mentre lo sta leggendo e nella mano destra tiene le chiavi che testimoniano il potere spirituale a lui conferito dal Maestro. Forse il libro che Pietro tiene nella mano è quello dell'Evangelista Giovanni.



Proseguendo nel nostro cammino iconografico, sul lato sinistro, a fianco della Madonna, troviamo San Francesco d' Assisi, titolare della Chiesa a lui dedicata. La storia della vita del Santo è nota un po' a tutti; egli infatti nasce in un antica cittadina dell' Umbria, tra Perugia e Foligno nei primi del 1182 , da Madonna Pica e dal ricco mercante di stoffe Pietro di Bernardone. Dopo aver condotto una vita dissoluta, egli approda alla vita monastica e, nell' aprile del 1209 o 1210 fonda l' Ordine dei Frati Minori che il Santo poco dopo volle così denominati con motivi evangelici di umiltà e di ossequioso servizio e sudditanza a tutti. San Francesco qui viene rappresentato con il saio e nella mano tiene il Thau ebraico, in forma di "T" maiuscola, simbolo della Croce.

San Francesco durante il Medioevo viene visto come un riformatore religioso, sensibile alle idee religiose, ai sentimenti ed alle commozioni religiose dei suoi fratelli, non poteva restare insensibile a questi grandi movimenti e fermenti spirituali che infiammavano tutte le classi della società di allora (Valdesi, Patari, ecc.) e che riempivano l' Italia della sua giovinezza di idee nuove, di nuove aspirazioni e battaglie, di elementi sociali e religiosi contraddittori e diversi. Francesco riuscì a radunare tutta questa ricchezza dispersa, riuscì a sormontare le contaddizioni che a molti avevano aperto la via della ribellione, e la sua santità e la sua attività raccolsero in una unità virtuale tutti gli elementi diversi della religiosità cristiana del Medioevo. Egli vi riuscì perché fu capace di proiettare sulle anime della figura di Cristo, che aveva restaurato nella propria interiorità, e la forma di vita della Chiesa primitiva, che aveva ripristinato nel movimento religioso da lui fondato.

Il vestito e gli attributi iconografici di San Francesco in questa pala sono: il saio grigio (poi nero o marrone), cinto da una corda bianca con i tre nodi, simboleggianti i tre voti religiosi (obbedienza, povertà e castità) e poi, la Croce.

Al centro della pala troviamo la Vergine in Trono con il Bambino in braccio.


La Vergine è posta sul trono della Sapienza, riccamente intarsiato. Sotto di essa abbiamo il consueto tappeto orientaleggiante. Il Bambino Gesù tiene nella manina due ciliege; la ciliegia simboleggia l' estate perche questo sarebbe il primo albero che mette i frutti dopo l' inverno. Per questo, le ciliege starebbero a significare l' Annunciazione e l' Incarnazione di Cristo.


Sotto il trono della Madre di Dio è posto un vaso con dei fiori di iris: questi sono considerati i fiori dell' Annunciazione. Molti scrittori ecclesiastici affermano che gli iris siano il simbolo della Vergine Maria. Perché il modo di rappresentare il mondo degli iris, identificato prima con l' arcobaleno e poi con i fiori di iris rappresenterebbe anche il simbolo dell' Incarnazione di Cristo.


Gli iris sono anche simbolo di messaggi, ardore, fede ed eloquenza; tutto questo simbolismo potrebbe riallacciarsi agli eventi legati ad Antonio Marcello de Petris. L' iris sarebbe anche l' attributo del pentimento del dolore della Vergine Maria. Questo simbolismo originato dal dolore della Vergine provato per la morte in Croce di suo Figlio, sarebbe spesso il collegamento della lacerante spada nel suo cuore.


Alla destra della Madonna troviamo Sant' Antonio da Padova, nato a Lisbona nel 1190 - 95 circa e morto a Padova nel 1231.


Nel 1220, infervorato dal desiderio del Martirio, in occasione del passaggio delle reliquie dei cinque Protomartiri Francescani per le strade di Coimbra, chiese ed ottenne di entrare nell' Ordine dei Minori, fondato poco prima da San Francesco, assumendo il nome di Antonio.

I caratteri iconografici di Antonio sono derivati direttamente e integralmente da quelli di Francesco: il saio, il libro aperto, il volto giovanile e glabro. In questa pala, Sant' Antonio ha i caratteri somatici di Fra' Antonio Marcello de Petris che, come abbiamo già detto sopra, diventerà nel 1516 a Roma, Ministro Generale dell' Ordine dei Frati Minori Conventuali



Scendendo di uno scalino, sempre sul lato destro della pala, troviamo Santa Chiara di Assisi, nata nel 1193 dal nobile Favarone di Offeduccio e da Ortolona. La sua morte avvenne nel convento di San Damiano fuori le mura di Assisi l' 11 agosto 1253. La Santa qui viene rappresentata con gli attributi dell' Ostensorio e della Pisside. Infatti, la Santa si distinse per il culto verso l' Eucarestia, al quale è legato l' episodio prodigioso della fuga dei Saraceni che, guidati da Vitale d' Aversa, al servizio di Federico II° di Svevia, avevano assediato Assisi (1243) e si erano spinti fino al rifugio delle povere suore Damianite. La Santa, pur inferma, si fece condurre alla porta del monastero con Gesù sacramentato racchiuso in una cassetta d' avorio e d' argento: alla sua preghiera rispose la voce di un fanciullino dalla cassetta, dicendo: "Io sempre vi guarderò e vi difenderò". Gli assalitori, fulminati da una forza misteriosa, abbandonarono precipitosamente il sacro recinto.

L' altro attributo di Santa Chiara è la Pisside, ossia un vaso liturgico, cattolico, di argento o di altro metallo, dorato all' interno e con coperchio, nel quale si conservano le paricole consacrate per l' Eucarestia.

Ella qui appare nelle vesti di monaca ma il suo vestito ha quasi reminiscenze arabe: la Santa appare piuttosto piccola, snella, col viso allungato e le guance piene.



Infine, posto sull' ultimo gradino, troviamo San Giorgio, ritratto come nella pala di Capodistria, ormai confermato a tutti gli effetti protettore di Pirano, dell' Istria e della Dalmazia.



Sotto la sacra rappresentazione troviamo due angioletti, uno che suona la mandola e l' altro il violino: questi angeli stanno suonando una melodia che discende dalle alte sfere, è un suono puro, una musica celeste, musica che ispira la nostra anima.



Alle spalle della Vergine, dietro l'ampia arcatura, troviamo la rappresentazione puntuale della cittadina di Pirano, vista arrivando dal mare. In questa tela si rileva la differenza fra la vita attiva di alcuni Santi, e quella conteemplativa di altri. In comune, tutti i Santi raffigurati, hanno una predilezione per il culto della Vergine.