Desiderio
e monologo:
due
strumenti di conoscenza
La realtà
dominante, e la sola autentica, è per Medea
quella interiore, che trova espressione attraverso il monologo: uno strumento
narrativo e stilistico che ha degli antecedenti nell'epica e nella tragedia,
e in particolare nella "Medea" di Euripide. In quest'opera, infatti,
l'azione interiore è espressa da quattro grandi monologhi che determinano
le scelte drammaturgiche e legano assieme anche ciò che sta al di
fuori di essi, e attraverso i quali l'autore si addentra nella psicologia
del personaggio: un personaggio che è abituato a ragionare sulle
proprie scelte e sulle proprie azioni, in quanto la sua strada è
stata già spianata dalla filosofia, con la quale al mythos
è definitivamente subentrato il lògos.
Me
infelice, tra quali e quali sventure mi trovo!
Da
ogni parte il mio cuore non ha che angoscia e impotenza.
Nessun
rimedio alla pena, alla fiamma ferma che brucia.
Come
vorrei che mi avessero uccisa le frecce veloci di Artemide,
prima
che io lo vedessi, prima che la nave greca
portasse
qui i figli di mia sorella Calciope:
un
dio o un'Erinni li ha guidati di là per il mio dolore e il
mio pianto.
Muoia,
se il suo destino è morire sul campo.
Ma
io, come potrei preparare il rimedio,
nascondendolo
ai miei genitori? E cosa dire?
Quale
il pensiero, l'inganno che mi dia aiuto?
Posso
vederlo, rivolgermi a lui solo, senza compagni?
("Argonautiche"
III, 771-782, trad. di Guido Paduano)
Ma
la razionalità del monologo si scontra con l'altro strumento della
conoscenza presente nell'opera: il desiderio (himeros). Esso rappresenta
una spinta emozionale alla conoscenza, a metà tra l'oggetto da raggiungere
e il movente dell'azione, e può nascere da un istinto non educato
o dalla passione, segnando allo stesso tempo l'evoluzione del personaggio.
Il
primo tipo di desiderio col quale abbiamo a che fare è quello elementare
e irrazionale determinato dall'amore
per Giasone:
Ma
il sonno soave non prese Medea: molte ansie
la
tenevano sveglia nel DESIDERIO di Giasone.
("Argonautiche"
III, 751-752, trad. di Guido Paduano)
C'è
poi una forma di desiderio più complessa, legata alla necessità
di compiere delle scelte determinanti per lo sviluppo dell'azione:
DESIDERAVA
scegliere i filtri mortali
ed
inghiottirli, e già nel suo DESIDERIO, infelice,
scioglieva
i lacci. Ma d'improvviso le venne nel cuore...
("Argonautiche"
III, 807-808, trad. di Guido Paduano)
E
c'è, infine, il desiderio che segna l'evoluzione vera e propria
del personaggio, il superamento della crisi e il commiato definitivo dalla
civiltà dell'aidòs, verso una libido erotica che è
il risultato della scelta di Medea:
...ma
DESIDERAVA
che
venisse subito l'alba, per dargli il filtro
che
aveva promesso e per poterlo vedere nel volto.
("Argonautiche"
III, 819-821, trad. di Guido Paduano)
Proprio
in forza del suo desiderio, Medea
si accommiata una volta per tutte dall'aidòs, quella "vergogna",
quel "pudore" che tanta importanza aveva avuto per gli uomini e - in particolar
modo - per gli eroi dell'epoca precedente: con Medea essa viene allontanata
per sempre, e ad essa viene sostituito l'amore
passionale:
...Alla
malora
il
PUDORE e la fama, e lui, salvo per mio volere,
se
ne vada illeso, dove il suo cuore desidera.
("Argonautiche"
III, 785-787, trad. di Guido Paduano)
Lascia
perciò l'eccessivo pudore, chiedimi
o
dimmi liberamente ciò che ti piace.
("Argonautiche"
III, 978-979, trad, di Guido Paduano)
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