Il terrore Al-Qaeda, la guerra in Afghanistan e lo scontro India-Pakistan

 

L'organizzazione dello sceicco Osama bin Laden minaccia nuovi clamorosi attentati, si combatte nuovamente in Afghanistan e torna ad infiammarsi lo scontro tra Pakistan e India. C'è una vasta regione dell'Asia dove la tensione torna alta, praticamente al livello di guardia

 

ROMA, 18 MAGGIO 2002 - L'organizzazione dello sceicco Osama bin Laden, Al Qaida, minaccia nuovi clamorosi attentati, si combatte nuovamente in Afghanistan e torna ad infiammarsi lo scontro tra Pakistan e India.
C'è una vasta regione dell'Asia - da mesi al centro dell'attenzione internazionale - dove la tensione torna alta, praticamente al livello di guardia. George Bush, già sotto accusa nel suo paese perchè avrebbe sottovalutato i segnali di attacco sfociati negli attentati dell'11 settembre, è preoccupato e manda il vice segretario di stato Richard Armitage nella regione, dove oggi l'India ha espulso l'ambasciatore pachistano Ashraf Jehangir Qazi. Quello indiano a Islamabad era stato richiamato dal suo governo già nel dicembre scorso. Tra i due paesi - entrambi in possesso di ordigni nucleari - c'è una storia di conflitti sanguinosi, provocati soprattutto da contenziosi territoriali e, in particolare, dal nodo del Kashmir, che New Delhi e Islamabad si contendono dal '47.


Da tempo i rispettivi eserciti hanno concentrato centinaia di migliaia di uomini nelle zone di frontiera, con frequenti scaramucce che non fanno altro che acuire la tensione. Poi sanguinosi attentati - l'ultimo martedì contro un autobus ed una caserma nella regione di Jammu, nel Kashmir indiano, ha fatto 35 morti - fanno scattare minacce e ritorsioni. Il conflitto tra India e Pakistan si innesta in un quadro regionale che resta esplosivo, come testimoniano le notizie arrivate negli ultimi giorni dall'Afghanistan, dove gruppi di taleban e di Al Qaida continuano ad essere attivi, tanto che americani e britannici, con l'aiuto anche di reparti australiani, hanno dovuto lanciare una nuova operazione nella provincia di Patka, al confine con il Pakistan - denominata 'Condor' - con l'utilizzazione di aerei e truppe di terra.


Questi scontri, più che focolai sparsi, sembrano essere la riprova che i taleban e gli uomini di bin Laden sono riusciti a riorganizzarsi ed a portare lo scontro su un piano a loro più congeniale, dove la disparità di armamenti è meno importante.


Contemporaneamente c'è stata l'intervista concessa dal mullah Omar - leader dei taleban - al quotidiano arabo 'Asharq Al Awsat' che contiene nuove gravi minacce di attentati e l'avvertimento che la guerra non è affatto finita.
Per completare un quadro già preoccupante resta aperto il nodo Iraq e c'è un nuovo tentativo del mullah e degli uomini di Osama di legare la loro azione al conflitto mediorientale, il più grave tra quelli ancora aperti e decisamente lontano da una soluzione.


L'Iraq è sotto la mira degli Stati Uniti e probabilmente l'ora della resa dei conti con Saddam Hussein è stata rinviata solo perchè nel frattempo George Bush ha dovuto dare priorità al Medio Oriente ed a ricucire i rapporti con i paesi arabi amici per poter attaccare Baghdad.


Ma Omar e gli uomini di Al Qaida, nella loro sfida - proprio per accentuare lo scontro con Washington - tornano ad impugnare anche la bandiera palestinese. E promettono di saldare la loro battaglia con quella dei combattenti islamici, rilanciando parallelamente un appello a tutti i musulmani per una guerra santa contro Israele. Come dire che l'Asia, nel suo complesso, resta un cocktail esplosivo, pieno di collegamenti e di incroci, la cui minaccia incombe più che mai sulla comunità internazionale

Fonte: Il Giorno.