Dibattito sulla mistica

(da «Avvenire»  di sabato 23.10.1999)

 

 

DIBATTITO Tornano i «visionari»: con qualche pericolo. Se ne parla a Firenze

MISTICA CONTRO NEW AGE

 

Il rischio di una lettura razionalista della tradizione cristiana; polemica

a distanza tra Baget Bozzo e Tannini

 

Roberto Beretta

 

Torna il tempo della mistica? Non solo il pensiero debole, non solo la New Age: ma, nel riflusso incostante delle idee per lo spirito, può darsi che un posticino non irrilevante se lo vadano a ritagliare entro il Duemila anche le «irrazionali» e affettive esperienze mistiche. Non solo quelle cristiane, naturalmente: ma con l'ampiezza più ecumenica (e fors'anche sincretistica), dai sufi islamici al buddhismo.

L'attesta, se non altro, il convegno che oggi pomeriggio Lyceum apparecchia presso l'auditorium della Cassa di Risparmio di Firenze, sotto l'intestazione «Mistica, oggi» e per cura di Giovanna Fozzer e Marco Vannini. «Il bisogno di un'esistenza più autentica e ricca di valori spirituali si fa ognora più pressante nel cuore della società contemporanea - scrivono gli organizzatori -, proprio là dove essa ha soddisfatto le esigenze del benessere materiale». Come dire: la società dell'opulenza (ma anche quella delle certezze illuministiche) ha nauseato e tradito le speranze; si riscopra dunque «quel livello mistico che a lungo è rimasto in ombra, quasi fosse cosa tutta speciale, preclusa all'uomo

comune». Già: ma quale mistica? Ché non per tutti il termine è univoco: anzi.

Massimo Introvigne, tra i massimi esperti mondiali di nuove religioni, parlerà per esempio delle «mistiche di serie B», ovvero di quelle «religioni del benessere e della pacificazione interiore» che la Next Age propaganda come esperienze spirituali. La jacuzzi invece del cilicio? «In effetti - risponde

il direttore del Cesnur - si finisce per proporre come mistica un'esperienza di rilassamento, un modo di sentirsi tranquilli con l'ausilio di tecniche molto semplici, senza troppo impegno. Ma questa è una contraffazione della mistica, un'involuzione intramondana e molto individualistica». Pericoloso per le religioni, no? «Sì. E i pericoli sono in realtà due. Il primo: i maestri della tarda New Age prendono spunti da tutte le fedi e quindi fanno un'opera di trivializzazione delle grandi religioni, riducendole a oggetto di consumo; gli spunti profondi della mistica cristiana diventano regolette per il relax. Il secondo pericolo: in ambienti cristiani e per reazione, qualcuno può pensare che la mistica sia un aspetto periferico della religione, un fenomeno strano che si presta ad abusi. Bisogna riconquistare, in mezzo a questi due errori, la mistica come dimensione cristiana proposta a tutti i fedeli. Insistere sul suo aspetto "normale", non tanto sulle prodezze "atletiche" e sulle "magie" di visioni et similia».

Sul medesimo tasto pigia senza timore anche Enzo Bianchi, il priore di Bose che pure è incaricato di una relazione oggi a Firenze: «Nel primo millennio cristiano il termine mistico, in Oriente e in Occidente, non designa nient'altro che la vita di perfezione cristiana di alto livello, così com'era espressa soprattutto nel monachesimo. E io mi attengo a questa tradizione: se la mistica è una strada aperta a tutti i fedeli - e lo è -, allora coincide con la vita cristiana dell'uomo maturo, che ha i suoi capisaldi nella Bibbia e nei sacramenti. Non ci sono altri livelli». E le visioni? E le rivelazioni? E le stimmate? «Non sono necessarie, non lo sono mai state. Tutti possono essere mistici, se la mistica è quella di san Paolo e di Mosé. Se invece con il termine si intende il fenomeno occidentale manifestatosi nel secondo millennio, con protagoniste soprattutto femminili, prima in Germania, quindi in Francia e Spagna, si tratta di realtà attestate nella storia cattolica ma che non ne fanno parte come elementi essenziali. Peraltro ho parecchi dubbi anche su certe letture "filosofiche" e razionaliste della spiritualità: mi sembrano fuori dalla tradizione cristiana. Né filosofi né i visionari, la mistica cristiana è un'altra cosa».

Nelle assise fiorentine, tuttavia, la linea razionalista sarà ben rappresentata: da Massimo Cacciari, che intitola la sua relazione proprio «Mistica e filosofia». Come reagire a chi - per esempio Marco Vannini, uno dei più autorevoli studiosi del settore - nella sua recentissima storia della mistica Il volto del Dio nascosto (Mondadori) dedica interi paragrafi a Schopenauer, Nietzsche, Wittgenstein? Il teologo don Gianni Baget Bozzo lo fa con una certa veemenza: «Vannini, come del resto Cacciari, sostengono una mistica senza trascendenza e soprattutto senza esperienza dell'altro. Mentre il cristianesimo ha sempre un nesso fondamentale tra io e tu, che divengono intercambiabili al più alto livello: cosicché l'anima stessa riceve le qualità divine e può ridare Dio a se stessa. La mistica rappresenta insomma l'irruzione di energia divina nell'anima, con la visione, con la parola, con il volto, che afferra il soggetto e lo conduce in un'avventura il cui senso fondamentale sono la dipendenza e l'imprevisto. Per Vannini invece in ultima analisi la mistica non è che l'esperienza di sé, del grande vuoto che sta nella mente oltre il pensiero». Una visione razionalistica, dunque. «È un'altra forma del razionalismo, una forma di mistica idealistica in cui elemento fondamentale è ciò che sta oltre l'idea. Ma questa non è la tradizione cristiana, e purtroppo la teologia non lo dice abbastanza».

Sarà per questo che - curiosamente - nel suo nuovo libro Vannini dedica più spazio a Spinoza e ad Hegel che alle grandi visionarie del medioevo cristiano, come Angela da Foligno o Margherita da Cortona, privilegiando dunque l'aspetto cerebrale su quello femminile ed affettivo (tra l'altro, un recente studio straniero dimostrerebbe invece che lo stesso sommo Meister Eckhart deriva molte espressioni da tre visionarie del Duecento: Margherita Porete, Matilde di Magdeburgo e Hadewijch d'Anversa)?

Marco Vannini si difende: «Certo, la mia preferenza personale è per una visione razionale e un senso forte della parola "mistica", che però è anche un senso tradizionale del mondo cristiano. Eminentemente razionali erano Clemente Alessandrino, Origene, Gregorio di Nissa, ovvero i grandi padri platonici e fondatori della mistica cristiana; nello stesso senso sono andati i grandi tedeschi medievali, poi Fénelon, gli idealisti, su su fino a Simone Weil. Si fa poca menzione delle donne? Ma uno dei personaggi centrali del libro è proprio la Porete». Quanto alla mancanza di trascendenza nella sua interpretazione della mistica, che cosa risponde? «Questo è davvero il punto chiave, di cui ho già parlato anche con Baget Bozzo. Citandogli un mistico cattolico come Angelo Silesio, sacerdote non certo sospettabile di immanentismo, che scrive alla lettera: "Non ha l'uomo beatitudine se prima l'unità non inghiotte l'alterità. Non si conosce niente in Dio, quello che si conosce bisogna esserlo". È vero: nella grande mistica cristiana si trova - come una sorta di scandalo - l'eliminazione dell'altro; ma non è eliminazione vera, io sostengo, il cui esito è immanentistico. Si tratta invece di una ripetizione dell'esperienza di Cristo, per cui il soggetto diventa un solo spirito con Dio stesso». Ma dunque, tra mistica New Age e mistica dei filosofi, rinascerà infine la mistica-e-basta?

 

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