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  La donna nell’arte di Eugenio Prati

 


Madre e figlio, un abbraccio e uno sguardo. Quello che Madre e figlio, un abbraccio e uno sguardo. Quello che chiamiamo il senso della vita. Una storia più volte narrata nei dipinti di Eugenio Prati, pittore della femminilità e della maternità. I suoi quadri parlano di eleganza, purezza e bellezza, di sentimenti forti e delicati che popolano l’universo femminile. Sapienti pennellate descrivono con eloquenza intense e contrastanti emozioni, atteggiamenti protettivi e responsabili verso i figli e la famiglia, ma anche fragilità e debolezze del cuore, le confidenze, le attese e le speranze, la disperazione per un abbandono e la gelosia per un tradimento. Sensazioni che sono la linfa vitale della realtà umana, a volte camuffate, contraffatte, nascoste per pudore, per vergogna, per paura e che Prati svela con estrema semplicità osservando le persone e leggendone il linguaggio del corpo. L’elemento femminile raramente posto in secondo piano rispetto alla vicenda narrata nel quadro, è una presenza costante nella produzione pratiana.Dalle opere giovanili quali l’acquerello Fusettaia Veneziana dei primi anni Sessanta o Dama che fuma e Madre Amorosa entrambe del 1877, si passa a quelle del periodo di Agnedo come Pioggia d’oro, fino alle composizioni degli anni a cavallo del secolo quali Primavera, Visione del Tiepolo e Amor mio. Di mirabile delicatezza è il disegno a china di tecnica divisionista No o Rifiìuto amoroso, dove traspare il gesto di rifiuto amoroso di una giovane figura femminile dall’idilliaca e intima tenerezza. Prati eccelle anche nei ritratti e nei quadri religiosi. Una delle ultime opere eseguite dall’artista e dedicata alla nipote Pia, ritratta su una tela di dimensioni limitate, vanta un’attenta indagine psicologica che si nota anche nei soggetti sacri compiuti negli ultimi anni Novanta quali Mater Admirabilis, Madonna dell‘uva e Presepio caratterizzati da gesti carichi di affetto. Spesso i dipinti di Prati testimoniano la condizione di donna lavoratrice profondamente integrata nell’ambiente agreste trentino regolato da ritmi, regole, tradizioni. Madre amorosa, per esempio, racconta gli sguardi gioiosi che si scambiano mamma e neonato quando la donna, prima di sedersi a lavorare la lana, si sofferma davanti alla culla e attira l’attenzione del piccolo facendolo giocare con il rocchetto di filo che pende dal fuso. Il costume ciociaro è molto simile al vestito indossato da Isabella Prati, sorella del pittore, ritratta a Roma nel 1872, mentre l’interno rustico, descritto nei minimi dettagli, ricorda quello dipinto qualche anno più tardi in Amor non prende ruggine, uno dei tanti quadri che offrono al pubblico di oggi la possibilità di riscoprire quale fosse la vita di campagna di un tempo scandita dal susseguirsi delle stagioni e allietata da piccole gioie e soddisfazioni. Una tranquillità domestica a contatto con la natura da cui difficilmente Prati si separa, tornando ogni volta alle proprie radici.

 

La vita di Eugenio Prati comincia a Caldonazzo il 27 gennaio 1842. Dopo la sua nascita, i genitori Domenico e Lucia Garbari avranno altri tredici figli. All’età di quattordici anni lascia la famiglia per recarsi a Venezia dove frequenta, per un decennio, l’Accademia di Belle Arti. Il vero distacco con la sua terra avviene nel 1866 quando sceglie di proseguire gli studi artistici a Firenze, decisione resa possibile grazie all’intercessione del barone Don Giovanni a Prato. Il soggiorno toscano dura tredici anni, interrotto da saltuarie visite in Trentino e da due viaggi a Roma nel 1872 e nel 1874 in compagnia della sorella Isabella che ritrae in costume ciociaro. In questo periodo si dedica prevalentemente a opere di soggetto storico e religioso. 1120 dicembre 1868 vince una medaglia d’oro al concorso triennale dell’Accademia fiorentina di Belle Arti con il dipinto Michelangelo incoraggia il giovane Baroccio. L’anno seguente espone Il generale Garibaldi a Milazzo nella sala dell’Accademia Linguistica presso la Società Promotrice di Belle Arti di Genova. Di questo periodo sono anche il ritratto del re Vittorio Emanuele Il e della principessa Margherita di Savoia in costume sardo. Durante il lungo apprendistato artistico si avvicina anche alla pittura realista, studia la tecnica della macchia toscana e la vaporosa pennellata degli Scapigliati lombardi. A poco a poco le regole accademiche e la rigidità del disegno cedono il posto a uno stile personale ed espressivo i cui primi tentativi si ritrovano in quadri quali Piccola mendicante - di cui si conosce la versione eseguita nel 1881 e conservata presso il Comune di Ardore in Calabria - premiato con medaglia di bronzo all’esposizione fiorentina del 1877, Amor non prende ruggine, presentato nel 1879 a Monaco di Baviera, Nozze d’oro, esposto alla mostra nazionale di Milano nel 1881, premiato con medaglia d’argento all’Esposizione Internazionale di Nizza nel 1884 ed acquistato nel 1896 dall’imperatore Francesco Giuseppe (Vienna, Osterreichische Galerie Belvedere). Il soggiorno fiorentino termina dopo il matrimonio con Ersilia Vasselai di Agnedo celebrato il 26 maggio 1879 da Don Giuseppe Grazioli. Al rientro in Trentino. Prati sceglie di vivere nel paese della moglie dove rimarrà fino al 1893. Durante questa lunga permanenza, indaga la vita quotidiana dei paesani, contadini e pastori che ritrae pennellate briose e con una sottile vena umoristica molto apprezzata dal pubblico e dalla critica. E’ considerato l’artista trentino più attento ai costumi e alle bellezze naturalistiche della sua terra.

 

 

 

Ben presto, la sua notorietà si diffonde in tutta Italia grazie all’assidua presenza alle più importanti mostre nazionali. Partecipa anche a numerose esposizioni internazionali dove ottiene importanti apprezzamenti e riconoscimenti. Gli impegni espositivi e i soggiorni di lavoro a Venezia, a Sopramonte e ad Ala, lo allontanano dalla Valsugana per periodi limitati. Nel 1893 si trasferisce con la famiglia a Trento, in via Grazioli, dove continua l’attività di insegnate di pittura ad alcuni aristocratici trentini tra cui il conte Antonio Pizzini di Ala, la contessa Virginia Alberti Poja, la baronessa Giulia Turco Lazzari e il marito musicista Raffaello Lazzari. Nel 1895 partecipa con Giovanni Segantini e Bartolomeo Bezzi alla prima Biennale di Venezia esponendo Solitudine e Prendete!. Nell’ultimo periodo di attività torna a dedicarsi ai soggetti religiosi con rinnovato interesse per il realismo. Mater Admirabilis viene premiato alla mostra di Arte Sacra di Torino del 1898 e all’esposizione di Belle Arti di Gorizia del 1900. All’età di sessantacinque anni passa ancora le sue giornate a dipingere all’aperto per cogliere le sfumature cromatiche dei paesaggi trentini. Incurante del freddo, i primi di marzo del 1907 si ammala gravemente e l’8 marzo si spegne a Caldonazzo lasciando incompiuta l’opera intitolata La seconda madre che avrebbe dovuto esporre alla mostra internazionale di Monaco di Baviera. Dall’8 al 30 giugno 1907, 

la Società Filarmonica di Trento gli dedica la prima mostra postuma con l’esposizione di 55 opere.   Nell’agosto del 1925 a Caldonazzo viene eretto un busto alla sua memoria eseguito dal nipote Edmondo Prati e viene organizzata una mostra dal 25 agosto all’8 settembre con l’esposizione di 44 dipinti. Nel cinquantenario della morte dal 3 al 24 novembre 1957 viene allestita una mostra antologica di 72 opere in Palazzo Pretorio a Trento. Recentemente, dal 19 maggio al 30 giugno 2002 il Comune di Trento ne ha celebrato il 1600 anniversario della nascita con una mostra di 56 opere a Palazzo Geremia dal titolo "La magia e la poesia del Trentino nella pittura di Eugenio Prati".


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