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Grazie ad Odino: sono tutti vivi!

HALLSTATT? - (Età del Bronzo) - Un dolce tepore faceva evaporare gli ultimi residui dell'Inverno. Dalle Montagne giungevano i cupi brontolii delle ultime valanghe. - Gli dei stanno scuotendo le loro coltri - dicevano le nonne ai loro nipoti: detto ricavato da un antico volere divino. Agli uomini, durante tutta la stagione delle nevi era assolutamente proibito inoltrarsi sui pendii e le immacolate coltri di neve. I Dei e tutti gli animali dovevano riposare, una minima vibrazione dell'aria causata da qualche incauto sprovveduto che osasse sfidare e l'ammonito era travolto e sepolto per sempre fra i ghiacci. Gli dei si servivano del Silenzio per ascoltare le voci delle Galassie. Ai mortali non restava che sottomettersi al volere degli dei, mai tentarono l'impossibile conoscendo il pericolo mortale. Gente prammatica, le popolazioni celtiche d'Alba costruivano le loro case ai bordi dei laghi alpini a distanza di sicurezza dai fenomeni naturali e dalle piene stagionali dei laghi. I giunchi delle case odoravano di salice: i bambini, gli unici a non dovere lavorare, scarmigliati avvolti nelle loro mantelline di lana pesante a strisce gialle rosse, giocavano a "rimbalzo", chi faceva il numero maggiore di (schaijn) scalini sul pelo dell'acqua con le piatte pietre dell'arena. Il loro abbigliamento grezzo aveva anche una funzione pratica, che serviva alle madri nel tenerli d'occhio. I colori in vigore quell'anno erano gli stessi da generazioni: piacevano alle loro madri, quando tingevano con i pigmenti naturali delle bacche del bosco, giallo, rosso, ocra, indaco e il verde, il colore principale dei Clan completava la gamma di colori. La lana era lavorata con le bocce del lago riscaldate nel l'acqua calda della marmitta, in modo tale che premendola varie volte con le pietre e il vello dall'animale perdesse tutto il grasso, raschiata, poi con coltelli d'osso, filata ed intrecciata prima di poterla fissare sui telai per ricavare i lunghi panni di stoffa chiamati tartan. Un'altra risorsa del villaggio era la raccolta della corteccia di betulla, con la quale si ricavava un adesivo che serviva per fissare le punte delle frecce, le spade nelle loro else personalizzate, le asce e le roncole ai loro manici di legno di castagno: la composizione dell'impasto era gelosamente custodita dai Druidi, come le pozioni magiche. Un'altra risorsa principale del villaggio celtico era il vasellame lavorato, una delle prime industrie dell'uomo lacustre era l'argilla, la materia principale ed abbondante era utilizzata per la produzione dei manufatti cotti nei forni. fino a 700 gradi. Le forme che il padre di Thannos, il vecchio Patrack avevano del rituale. Prima impastava con l'acqua di una fonte solo al patriarca era conosciuta il posto esatto della sorgente, su di un tornio centrifugo da lui costruito, la materia girava veloce stimolata con la pianta del piede destro, le sue dite leggere come ali di farfalle affondavano alzavano il fango vischioso, immergendo ogni tanto i polpastrelli nel catino, a ciascun giro del tornio fatto nel senso di tutte le cose universali, la grigia materia pareva che vivesse, alla fine i recipienti erano decorati con elementi soprannaturali o forme animali. La cottura stessa veniva in forni ricoperti di terra e legna, il fuoco dove essere curato e alimentato per un giorno e una notte a temperature che raggiungevano i 600 700 gradi. Ma l'uomo celta aveva una vasta conoscenza delle materie prime, con cui famigliarizzò Secoli prima: il rame, il bronzo, l'oro, il ferro, i cristalli di roccia, l'ambra, la lignite, l'ocra, l'avorio ricavato solo dagli scheletri degli animali preistorici.. i prodotti agricoli, tessili quali il tiglio, il lino, le pelli, ecc. Un mondo piccolo, compatto ma alacremente produttivo, che sfruttava ogni aspetto sociale ed ambientale, senza eccedere in manipolazioni che possono rompere l'ordine del creato e la tranquillità del felice villaggio.

Un corno delle Alpi emise lunghi incessanti richiami, fecero alzare tutti la testa dalle loro occupazioni. ottocento occhi, tanti erano gli abitanti del grosso borgo sul lago, guardarono verso la bianca vetta della Montagna Dente di Lupo la gran nuvola di neve polverosa scendeva velocemente travolgendo il bosco d'abeti. Un agghiacciante urlo venne dal gruppo di donne che stavano lavorando la lana. Gudula la bambina di Thannos di solo otto anni, ed altri bambini sei, in tutto: non stavano più giocando in riva al lago. Istintivamente: Varenne, la madre si mise a camminare come in trance verso in direzione dove era scesa la valanga. Così la seguirono tutti gli abitanti, che si munirono di lunghe e sottili pertiche di nocciolo. Arrivarono davanti alla morena di neve e di tronchi, una tremenda desolazione cadde fra gli uomini impietriti dal dolore. Come ha potuto accadere dopo tutte le raccomandazioni che erano state impartite ai bambini del villaggio, di non avvicinarsi alla montagna in Inverno? S'interrogavano gli uni e gli altri con le lacrime agli occhi. Si disposero in file di quattro lungo tutta la parte longitudinale della valanga. Con i giunchi sondavano la neve, per carpire un minimo segnale, un lamento, un oggetto. La gente sapeva che in caso una valanga, dovevano mettersi subito a nuotare verso i lati esterni e cercare di stare alla superficie il più possibile e questo era stato ripetuto più volte ai giovani. Dalla foresta integra apparirono un branco di lupi dal manto bianco e dagli occhi colore del cielo. Si misero a fiutare la neve, poi incominciarono a raspare con le zampe scavando dei buchi profondi, incessantemente infine chiamarono gli uomini che gli aiutassero ad aprire i varchi. Ecco apparire delle manine rosse, poi un cappottino poi, un grido, finalmente Gudula e gli altri compagni furono tratti in salvo. La gente esultò dalla gioia, ed incominciarono ad accarezzare i lupi e Odino che gli aveva inviato i candidi animali, senza il loro olfatto non avrebbero mai potuto localizzare il punto esatto in cui erano i loro figli. Fra il recupero e l'intervento della muta passò mezza giornata. Alla sera fu celebrato con una gran festa, con tutti gli amici dei villaggi vicini accorsi a congratularsi del miracoloso salvataggio. Thannos raccontò tutti i particolari. - "Attratti dai numerosi fiori che coprivano tutto il prato salirono, non consapevoli d'essere molto lontani da casa. Intenti com'erano a raccogliere, bucaneve, narcisi, kroekuss, non videro la gelida folata di vento che sopraggiungeva dalla vetta. Quando la massa di neve gli fu addosso si misero ad annaspare come anatroccoli in cerca della madre. Grazie al cappuccio delle loro mantelline e portandosi le mani al viso riuscirono a scavare una nicchia nella neve profonda per respirare. Ma senza l'intervento di questi magnifici animali, che terremo sempre con noi nelle nostre case noi, questa notte, non saremmo qui a festeggiare e ringraziare Odino per averci fatto trovare i nostri preziosi tesori. sani e salvi " -.

...da un cronista di quel lontano avvenimento

Abbiamo voluto ricondurvi nel indietro nel Tempo in un ipotetico fatto di cronaca, che vi riconduce alla realtà del presente. Purtroppo la Natura non concede nulla agli uomini. Essa ha la sua ferrea Legge della Vita. Semmai siamo noi uomini che la sottovalutano: montanari per primi, solamente per la cupidigia del guadagno facile, sfruttiamo la montagna, costruendo incautamente vastissime attrezzature per il diletto di milioni "sciatori" delle pianure, delle città, turisti avventati, impreparati, inconsci, irrispettosi delle più elementari regole di comportamento, mettendo a repentaglio la propria vita, quella dei loro figli, e quella di chi coloro costretti a correre in loro soccorso. Ogni anno sulle Alpi mietono centinaia di vittime. Ma l'uomo non impara mai la lezione, anzi continua ad ignorare i rischi, Non sono ancora seppelliti i morti delle ultime valanghe, che subito prende d'assalto piste e pendii, là dove la Natura ha il Diritto di essere lasciata alle sue regole, che non sono per nulla inventante per il consumismo di massa.

 

 

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