ShakeSpeare

Egli non apparteneva ad un'epoca, ma ad ogni età!

William Shakespeare nacque a Stratford-upon-Avon presumibilmente il 23 aprile 1564; sappiamo con certezza che venne battezzato il 26 aprile: ci sono buone probabilità che la famiglia Shakespeare abbia seguito le regole dell'epoca, battezzando entro il terzo giorno il nuovo nato. Terzogenito degli otto figli di John Shakespeare, guantaio, e Mary Arden, aristocratica, William fu il primo che riuscisse nell'impresa di sopravvivere alla propria nascita negli anni della peste ed alla propria infanzia.

Il padre di William guadagnò abbastanza bene con il suo commercio, raggiungendo una posizione rispettabile; impegnato anche nei doveri civici, diventò prima uno stimato consigliere comunale e poi balivo, ossia il magistrato supremo della città. Purtroppo nel 1577 cominciarono i rovesci finanziari, quando William aveva appena 13 anni. Forse il futuro poeta venne costretto ad abbandonare la scuola, sicuramente sappiamo che Shakespeare non frequentò mai nessuna università.

William si sposò giovanissimo, nel 1582, a soli 18 anni, con Anne Hathaway, già incinta di Susanna da tre mesi e più vecchia di lui di ben otto anni. Anne partorì poi due gemelli, Hamnet e Judith, nel 1585. Shakespeare, allora, aveva appena ventun anni e necessitava di farsi avanti n fretta: la sfortuna economica del padre e la povertà della moglie lo spingevano a lavorare duramente per vivere.

Poi, nel 1592, dopo un periodo intorno al quale si sa ben poco, troviamo Shakespeare a Londra, dove lavora, nonostante il pericolo della peste, come attore e come drammaturgo. Tra il 1590 e il 1594 scrisse "Enrico VI", "Riccardo III", "Tito Andronico", "La commedia degli equivoci", "La bisbetica domata". Nel 1593 pubblica il poemetto "Venere e Adone", nel '94 fa stampare "Lucrezia violata" e li dedica a Henry Wriothesley, conte di Southampton.

Dopo gli anni della peste, nel 1595 troviamo Shakespeare con "una posizione sicura quale ricevitore dei compensi della compagnia del Lord Chamberlain", persona degna di considerazione e di riconoscimento. Il suo status si fece ben presto solido, essendo il drammaturgo più prezioso della più famosa delle compagnie di teatro dell'era elisabettiana.

E qui apriamo una breve parentesi : immaginiamoci i teatri di quegli anni. Ricavati da una locanda, essi erano costituiti da una piattaforma che si protendeva come una penisola in mezzo agli spettatori della platea, i quali assistevano in piedi, bevendo e mangiando. Sopra il palcoscenico o sulle gallerie dove vi erano le camere da letto, si sedevano le persone di rango. Il tutto all'aperto. Gli attori dovevano recitare proprio in mezzo alla gente, che partecipava allo spettacolo manifestando molto chiaramente entusiasmo, noia o disprezzo.

Tra gli spettatori si mescolavano aristocratici, borghesi, artigiani ed il popolo: i primi appassionati per le battute spiritose, i giochi di parole, i dialoghi frizzanti, le trovate romanzesche e le soluzioni patetiche, gli altri portati ad apprezzare la violenza e l'orrore delle scene tragiche e al contempo il riso buffonesco della farsa.

Shakespeare aveva ed ha una risposta per tutti, perché s'era formato con il teatro e a teatro. Egli si immedesimava con esso: l'esigenza del teatro, il rapporto immediato con un comune pubblico in carne ed ossa, venivano capiti intuitivamente ... facevano parte di lui.

Il bardo ha una sensibilità che sta a stretto contatto con la vita nel suo complesso. La sua ricca e fervida immaginazione ha creato personaggi diventati famosi in tutto il mondo, connotandoli con un lirismo e una introspezione psicologica unica nella storia del teatro. La potenza della sua poesia, capace di interpretare nella sua ricca e contraddittoria complessità tutta la vita; lo stile vigoroso ed immaginifico, raffinato e suggestivo; la ricca e magistrale varietà drammatica del suo verso, hanno donato l'immortalità a molti suoi personaggi, creature vive e a tutto tondo.

Per Shakespeare non era necessario convivere, ad esempio, con giovanotti di nobile famiglia per creare quel tipo di personaggio: egli dava semplicemente corpo alle premesse necessarie per le più alte esplicazioni naturali del suo spirito, avvalendosi di un perfetto candore d'animo, di una gioia per tutto ciò che è eccellente per se stesso, senza riferimento alla propria persona come fonte di quell'eccellenza.

Con questo straordinario artista comprendiamo meglio che nessuna quantità di tirocinio accademico può conferire ad un potenziale scrittore il dono della parola, e neppure può insegnargli quella facoltà straordinaria e fondamentale di disporre le parole in nuovi, sorprendenti stilemi, che riflettono qualche impensata e nuova verità sulla vita. Shakespeare aveva un grande talento naturale, che coltivò con l'uso, l'osservazione e l'amore per la lingua inglese, materia che a scuola non veniva insegnata.

La Natura si esprime nei suoi versi, per suo tramite, nel modo più pieno che si possa immaginare: egli era naturalmente addottrinato, non gli occorrevano gli occhiali dei libri per leggere la Natura; si guardava dentro e la trovava, più viva e vera che mai.

Shakespeare non seguiva mai un racconto perché vi trovasse questo o quell'altro episodio, ma in quanto vedeva che la storia contribuiva a sottolineare qualche grande verità sulla natura umana.

Ma la sua storia non è ancora finita: nel 1956 Shakespeare otteneva lo stemma gentilizio e il blasone per sé e per i suoi discendenti (peraltro nessun maschio della famiglia di John e William Shakespeare sopravviverà e non ci sarà alcuna discendenza diretta), un grande onore a quei tempi.

L'ascesa di Shakespeare non termina qui: acquistò nel 1599 il 10% del nuovo teatro Globe, assicurandosi così la partecipazione agli utili della compagnia teatrale che portava il nome di Lord Chamberlain. Alla morte della regina Elisabetta, nel 1603, Giacomo I dà un nuovo nome al gruppo teatrale, che diventa King's Men, la Compagnia del Re. E' il successo: Shakespeare brilla ormai come drammaturgo dalla versatilità e dalla potenza poetica incomparabili.

Nel frattempo Shakespeare, aveva composto "I due gentiluomini da Verona", "Pene d'amor perdute", "Sogno di una notte di mezza estate", "Romeo e Giulietta", "Riccardo II", "Re Giovanni", "Il mercante di Venezia", "Enrico IV", "Enrico V", "Giulio Cesare", "Molto rumore per nulla", "Come vi piace", "La dodicesima notte", "Le allegre comari di Windsor" ed i suoi famosi Sonetti. I critici amano suddividere le opere di Shakespeare in tre periodi principali: tutte le creazioni finora citate, raggruppabili nella "prima fase", rivelano tutte un riconoscimento sostanziale dei valori positivi della vita.

Poi, negli anni dal 1601 al 1608, con "Amleto", "La fenice e la tortora", "Troilo e Cressida", "Tutto è bene quel che finisce bene", "Misura per misura", "Otello", "Re Lear", "Macbeth", "Antonio e Cleopatra", "Coriolano", "Timone d'Atene", e "Pericle, principe di Tiro", arriviamo al secondo periodo, caratterizzato invece da una concezione più pessimistica della vita.

Nel 1609, dopo l'acquisto nel 1597 della sua casa, il New Place, Shakespeare probabilmente si trasferì a Stratford, senza peraltro interrompere i rapporti con Londra ed il teatro.Il teatro Globe si incendiò, nel 1613, durante una rappresentazione del suo ultimo dramma, l'Enrico VIII, composto probabilmente in collaborazione con John Fletcher. L'incendio segnò la fine della sua carriera. Aveva messo così tanta parte di se stesso nella vita di questo teatro, che alla sua distruzione corrispose un cambiamento: Shakespeare si ritirò definitivamente dalle scene.

In quest'ultima stagione, il grande poeta e drammaturgo compose "Ciambellino", "Il racconto d'inverno", "La tempesta": è il periodo della serenità che nasce dalla contemplazione distaccata delle contraddizioni della vita. Nel 1616 fa testamento e dopo neanche due mesi muore, a cinquantadue anni. E' il 23 aprile 1616.