Molto rumore per nulla - 1598


Kenneth Branagh/Benedick nella versione 1990 di Molto Rumore per Nulla - Reinassance Company.


Genere

Commedia romantico-giocosa.

Trama

La vicenda si svolge a Messina dove la vita pacifica di un gentiluomo di nome Leonato viene animata dall’arrivo di Don Pedro d’Aragona e di alcuni cavalieri del suo seguito. Tra questi si distinguono per valore Claudio e Benedetto. Il primo coraggioso e romantico coltiva una segreta passione per la figlia di Leonato, Ero e si propone di sposarla al più presto. Sarà aiutato in questo senso da Don Pedro che la corteggerà in suo nome in occasione di una festa mascherata. Benedetto al contrario è uno scapolo convinto, sdegnoso dell’amore e di chiunque vi si assoggetti. Egli coglie ogni occasione per accendere delle animate discussioni con Beatrice la nipote di Leonato. Quest’ultima ha un carattere molto simile a quello di Benedetto. È dotata di un’intelligenza acuta, risponde per le rime, ha sempre il cuore allegro e non ha intenzione di prender marito. Una volta deciso il matrimonio di Ero, Don Pedro si accorda con Leonato, Claudio, Ero e le sue damigelle per creare delle situazioni ingannevoli che facciano innamorare l’uno dell’altro, Benedetto e Beatrice. Le loro arguzie cadono a buon fine ed infatti le resistenze dei due cedono alla potenza dell’amore. Successivamente, Don John il fratello bastardo e traditore di Don Pedro riesce finalmente ad intralciare le nozze tra Claudio e Ero. Per fare ciò egli fa credere a Claudio e al principe che Ero sia una ragazza di facili costumi. In realtà non si tratta di Ero, ma della sua damigella Margherita che si stava intrattenendo con Borraccio uno degli uomini al seguito di Don John. Il giorno delle nozze, Ero sarà ingiustamente accusata da Claudio e Don Pedro. In seguito a questo, il frate che doveva celebrare le nozze, consiglia a Leonato di fingere la morte della figlia di modo che con la morte ed il rimpianto il suo onore venga riacquistato. Leonato accetta. Benedetto si prende poi impegno di vendicare l’onta subita da Ero come pegno d’amore per Beatrice. Gli inganni creati da Don John saranno poi scoperti grazie alla ronda di notte presente nelle terre di Leonato. Questi ultimi sentiranno Borraccio vantarsi con Corrado, un altro del seguito di Don John, di ciò che aveva fatto. In riparazione a quanto accaduto, Leonato propone a Claudio di sposarsi con la figlia di suo fratello Antonio. Egli acconsente. La sposa in realtà è Ero e una volta resa manifesta la verità vengono celebrati i matrimoni delle due coppie.


Analisi del testo (a cura di Carolina De Zorzi)

: Come la maggior parte delle commedie shakesperiane Much Ado About Nothig sviluppa due vicende parallele. La vicenda principale, quella di Hero e Claudio, passa in parte in secondo piano davanti a quella di Beatrice e Benedick che non è altro che un pretesto per una serie di dialoghi brillanti e arguti. Alla base della vicenda c’è l’uso della parola e dei bisticci verbali. L’intera commedia appare costruita su questo gioco, che si estende perfino al suo titolo: “Molto rumore per nulla” il quale suggerisce che si tratta di un puro e semplice divertimento, senza significati riposti e senza conseguenze. Molto rumore, molte parole per non dire, per non approdare a nulla. Tutte le complicazioni, il baccano, le confusioni e gli equivoci sono dovuti ad un eccesso di attenzione, al gusto della notazione sia verbale che visiva. E da qui si ritorna al titolo, esso è infatti da considerarsi un pun, in quanto esso contiene il primo dei molteplici bisticci verbali di questa commedia, che viene creato dalla parola ‘nothingh’ comparata a ‘noting’, la quale, in periodo Elisabettiano, aveva la stessa pronuncia della prima. Tutti i personaggi sono portati a vedere, sentire e soprattutto notare quello che normalmente non coglierebbero. Come nella vicenda seria Claudio è ingannato da quel che vede mentre spia il convegno notturno della presunta Hero, così Beatrice e Benedick sono a turno ingannati da quel che odono mentre separatamente origliano i discorsi dei loro compagni o compagne. La scoperta fatta li porterà poi a farsi nuovamente indagatori per quel concerne i propri sentimenti e si scopriranno piacevolmente ben disposti verso la nuova situazione. Tra tutti questi inganni l’unico elemento superiore è la realtà che prima o poi viene colta. La parola, arriva velocemente ai nostri cuori perché è il mezzo migliore per comunicare emozioni, ma non solo. Essa, se associata ad altre può portare a discorsi o a ragionamenti. E sono proprio questi ultimi, con le loro conclusioni frutto della logica ad essere un punto essenziale di questa commedia. La ragione indica la semplice conoscenza tramite la parola ma questo concetto è assolutamente scisso dall’intelletto e dalla realtà. È quindi evidente il fatto che l’autore voglia mettere in evidenza quanto l’uomo sia influenzabile e che si fidi più degli altri che del proprio cuore. L’uomo è dunque debole ed è sufficiente un semplice rumore, un disturbo casuale per piegare la sua integrità, anche quella di uno scapolo convinto come Benedick. L’uso della parola è una delle più grandi arti concesse all’essere umano ma è assai complesso gestirla nel modo adeguato, capirla e capirne i molteplici significati. La parola, il suono e il rumore in fondo sono elementi affini. Chi non riesce a comunicare in modo consono con gli altri è come una persona che non capisce la musica perché è come se fosse privo di quella sensibilità necessaria nei rapporti umani. Le diversità dei linguaggi dei vari personaggi hanno creato molteplici equivoci ma l’importante alla fine è rendesi conto che non si tratta altro che nulla, vuoti e ingannevoli artifici. Questa commedia è dunque solo un divertimento, una vacanza dove tutti hanno tempo da perdere, fanno errori ma non approdano a nulla. Prendiamo ora in considerazione i personaggi più importanti. Hero è davvero dolce, amabile e discreta nel suo animo e nel suo temperamento ed è questa stessa tranquillità ciò che essa offre a chi diventerà suo sposo. Hero e Claudio sono da immaginarsi più giovani di Benedetto e Beatrice in quanto, contengono tutta la grazia e l’inesperienza dei giovani, che credono ancora che la vita sia una bella favola dove nulla di male può accadere. Benedetto e Beatrice, con la loro arguzia possiedono una grande saggezza di fondo propria dell’esperienza che si acquista col tempo. Sappiamo infatti che essi sono stati già innamorati in passato ma che tutto è finito per dei reciproci errori, questo li ha feriti e li ha portati ad assumere un atteggiamento difensivo nei confronti dei sentimenti d’amore. Forse anche loro possedevano la stessa ingenuità di Hero e Claudio, la lezione è stata capita e ora, anche se tramite un inganno sono pronti ad amarsi di nuovo e forse con maggiore ardore di prima. A questo punto sembra quasi che l’autore abbia voluto volontariamente creare questo disturbo nella quiete della vita dei due giovani per farli crescere interiormente. Ora, essi sanno di potersi fidare l’uno dell’altro e forse in futuro presteranno meno attenzione alle vane parole altrui. La lezione che ne riceviamo allora qual è? Bisogna essere pronti a qualsiasi inconveniente nella vita, ma questo non ci deve cogliere di sorpresa, bisogna affrontarlo a viso aperto, con coraggio, senza farci travolgere dagli eventi e dalle emozioni come fa Claudio, ma soprattutto si deve capire se si tratta di un vero problema o se è solo molto rumore per nulla. Abbiamo poi Don John che è semplicemente una canaglia, una persona che vive per far del male al suo prossimo e gode di ciò. Il suo rancore nei confronti del fratello e di chiunque lo circondi è così radicato da non fargli vedere null’altro che la vendetta. La sua presenza all’interno della commedia è comunque necessaria per far scattare l’elemento di disturbo nella vicenda. Dogberry e la sua ronda di notte sono poi importanti perché annullano i dubbi creati da Don John sull’onesta di Hero. Fin ad ora, avevamo incontrato in questa commedia solo dei rappresentanti della corte, con una mentalità e un linguaggio del tutto differente da quello di Dogberry, un popolano. Egli ha in se tutta l’arguzia popolare, ed in fondo l’autore non poteva conferire a nessun altro il compito di dare risoluzione alle macchinazioni di Don John, in quanto egli in questo caso, come in altre sue commedie, ci presenta la corte come un luogo di menzogne e falsità che egli cerca di guarire da questo suo male introducendovi un elemento estraneo. Seguono Benedetto e Beatrice, che con la loro mente brillante spiccano enormemente in questa vicenda anche se nati come personaggi di contorno alla vicenda principale. Benedetto in particolare riesce a stupirci perché non credendo alla colpevolezza di Hero si dimostra notevolmente superiore al Principe e a Claudio e dotato di una maggiore padronanza di se stesso. Egli è il primo ad offrirci la soluzione dell’inghippo, ma in queste cose ci vogliono prove e la conoscenza del proprio cuore non è sufficiente a dare risoluzione ad un tranello animato dalla potente voce della calunnia, che ha in se la facoltà di distruzione di un incendio. Beatrice, è molto simile a Benedetto, ugualmente fiera e desiderosa di vendetta per la cara cugina calunniata. Benedetto e Beatrice, però con il loro atteggiamento iniziale, così orgoglioso e spumeggiante non ci fanno capire realmente il loro carattere, è come se si nascondessero dietro ad una maschera per non far capire quali sono i loro veri sentimenti. Questo li spinge spesso a non capirsi o a non essere capiti, e li ferisce, come succede a Benedetto quando si sente definire da Beatrice: “il pagliaccio del Principe”. Il loro agire, apparentemente così sicuro non è altro che un altro aspetto del molto rumore, del fiume di parole che hanno avvolto tutta questa storia, gentili nella concordia, e malvagie per far andar via senza baci e che Benedetto vuole finalmente frenare baciando la propria dama. Egli infine ci ricorda la natura volubile dell’uomo e a quanto pare, l’unica cosa che possa misurare questo suo stato è l’ascoltare il proprio cuore e dar fiato a quel bellissimo suono che si chiama amore.

Albert Finney e Maggie Smith nella edizione del 1965 di Franco Zeffirelli per l'Old Vic di Londra.