Viviamo in un mondo che ha le radici monche,
dove i giovani sono arbusti che invecchiano nel giro di prova.
Giochiamo al successo e viviamo di guerre,
sporchi e vigliacchi, cadenti e perduti, bugiardi e vili;
con menti contorte e pensieri alieni,
lavoriamo il nostro corpo e plasmiamo la morte e gli diamo una forma...
e cantiamo alla morte.
Guardiamo il cielo se di uno si tratta e le lame affilate sporche di sangue
scivolano sulla nostra lingua di spine acerbe.
Sentendo quel dolce sapore che piange le anime impure,
guardiamo il mare con occhi prodigali, mentre gli aculei violacei si bagnano di
ribellione.
Guardiamo in cecità splendida, mentre alberi neri scuotendo se stessi ci
abbracciano nel vento fermo.