IL TESCHIO DEL DESTINO
Pesa 5 chili e 19 grammi, e' alto 13 centimetri largo altrettanto e lungo 18.
E' scolpito in un unico pezzo di puro cristallo di quarzo trasparente con
bellissime venature e ha gli occhi a forma di prisma. A guardarlo incute un
certo timore ma anche una solenne ammirazione nei confronti di chi e' stato
capace di crearlo. Si tratta del teschio del destino (un nome dall'accezione
negativa che deriva dalla cattiva fama di questo oggetto considerato
maledetto), un'opera pregevole dal punto di vista artistico ma che rimane un
mistero per gli archeologi che non sanno attribuirle ne' un'origine ne' una
data di fabbricazione certa. Il cranio e' in possesso della signora Ann
Mitchell-Edges che lo custodisce gelosamente e lo mostra in pubblico solo
raramente. Fu lei a trovarlo nel lontano 1927, tra le rovine di un'antica
citta' Maya situata nell'attuale Belize.
La signora Ann e' la figlia del piu' noto F. A. Mitchell-Edges, detto Mike,
un personaggio molto conosciuto negli Anni Venti. Esploratore, archeologo,
giocatore d'azzardo, avventuriero. Aveva una passione sviscerata per le
antiche civilta', in particolare per quelle precolombiane, e all'inizio degli
Anni Venti attraverso' l'America in un periglioso viaggio che lo porto' a
visitare molte zone inesplorate di quel continente. In quel periodo conobbe
Ann le Guillon, un'orfanella di origine francese che decise di adottare
legalmente e di portare con se' nei suoi viaggi. L'orfanella gli porto'
fortuna poiche' nel 1923, durante una spedizione alla ricerca di una citta'
perduta di Atlantide (Mitchell-Edges era un accanito sostenitore della
esistenza del continente perduto, e cercava in Sudamerica le tracce di
insediamenti atlantidei), scopri', nell'allora Honduras Britannico (oggi
Belize) le rovine di Lubaantum, una grande citta' Maya. Qualche anno dopo,
nel 1927, il giorno del diciassettesimo compleanno di Ann, venne ritrovato il
teschio di cristallo. La ragazza, come lei stessa ebbe a raccontare molti
anni dopo, stava passeggiando sul luogo dove si svolgevano gli scavi quando
venne attirata da qualche cosa di scintillante che faceva capolino dal
terreno, vicino a un altare di pietra.
Facendo attenzione a non danneggiare l’oggetto Ann comincio' a scavare e in
men che non si dica si trovo' tra le mani uno splendido cranio di cristallo
che luccicava alla luce del sole. Al cranio mancava pero' la mandibola che fu
riportata alla luce solo alcuni mesi piu' tardi a qualche metro di distanza,
dopo che l'area entro la quale era stato trovato il teschio, fu setacciata
accuratamente, centimetro per centimetro.
Secondo il racconto di Ann, il padre, dopo il ritrovamento, avrebbe poi
consegnato l'oggetto nelle mani degli indigeni del luogo, discendenti diretti
dei Maya. Essi lo riconobbero come un'antica divinita' che aveva un duplice
potere: quello di guarire dalle malattie e quello di scatenare una potente
maledizione. In seguito, quando i Mitchell-Edges partirono definitivamente da
Lubaantum, gli indigeni restituirono loro il cranio, come pegno di amicizia.
Il racconto di Ann finisce qui e, per quanto possa essere una storia
plausibile, lascia pero' l'amaro in bocca a quanti vorrebbero saperne di
piu'. Ma da quel momento padre e figlia si rinchiusero in un insolito
silenzio per quanto riguardava il teschio e rifiutarono di aggiungere altri
particolari sul suo rinvenimento. Questo desto' molti sospetti circa la
genuinita' della scoperta e pose molti interrogativi ai quali non venne data
una risposta.
Ci fu chi penso' che il teschio fosse stato messo li' a bella posta perche'
Ann lo ritrovasse proprio il giorno del suo compleanno. E vi fu anche chi
considero' un assurdo il fatto che gli indigeni avessero ceduto a
Mitchell-Edges con tanta facilita' un manufatto cosi' importante per la loro
cultura.
Ma non vi fu nessuna conferma o smentita da parte dei due viaggiatori.
Neppure nella biografia di Mike (Danger My Ally - trad. it. Tesori nascosti e
mostri marini ,Milano 1957), che usci' nel 1954, cinque anni prima della sua
morte, troviamo una spiegazione esauriente. Solo poche righe, riferite a un
viaggio effettuato in Sud Africa nel 1947, che cosi' liquidano la vicenda:
"Portammo con noi anche il sinistro Teschio del Destino su cui molto e' stato
scritto. Ho delle buone ragioni per non rivelare come questo oggetto venne in
mio possesso. Il Teschio del Destino e' fatto di puro cristallo di rocca e
secondo gli scienziati ha richiesto l’opera di centocinquant’anni di lavoro
per essere ultimato; generazioni dietro generazioni hanno dedicato tutti i
giorni della loro vita per molare pazientemente l’enorme blocco di cristallo
da cui e' stato ricavato un cranio perfetto.
Il pezzo risale almeno a tremila e seicento anni fa. Secondo la leggenda,
veniva usato dal grande sacerdote dei Maya per compiere riti esoterici. Pare
che quando il sacerdote invocava la morte per mezzo del teschio, non ci fosse
dubbio che la morte arrivasse. E' stato descritto come la rappresentazione
del male, ma io non desidero spiegare questo fenomeno".
Parte di queste affermazioni vennero poi tagliate nelle edizioni successive
del libro, per quale motivo nessuno lo sa.
Il mistero si infittisce ancor di piu' se aggiungiamo che esiste un altro
teschio simile a quello dei Mitchell-Edges. Un teschio che tutti possono
ammirare nel 'Museum of Mankind' di Londra (una sezione del British Museum).
Opera altrettanto pregevole, viene attribuita (almeno stando all'iscrizione
presente sulla teca) alla cultura azteca del primo periodo coloniale. In
realta' l'origine di questo cranio e' ancora piu' misteriosa di quella del
precedente. L'unica cosa nota e' che il British Museum ha acquistato il pezzo
nel 1898, da Tiffany, il notissimo gioielliere di New York. Come questo
ultimo ne sia venuto in possesso rimane un mistero. Alcuni sostengono che il
teschio facesse parte del bottino di un non meglio precisato mercenario del
diciannovesimo secolo, ma sfortunatamente mancano ulteriori dettagli sulla
vicenda.
Quel che e' certo e' che il teschio del British Museum si e' guadagnato una
fama sinistra. Si racconta che gli inservienti si sentano a disagio quando
sono in presenza dell'oggetto e c'e' chi dice che fissando intensamente le
sue orbite si riescano a intravedere orribili figure in movimento...
Semplice suggestione? Un gioco di riflessi? E' probabile. Resta il fatto che
anche il teschio dei Mitchell-Edges possiede queste connotazioni negative,
tanto che Ann lo conserva avvolto in un panno viola per non essere costretta
a fissarlo troppo di frequente.
Gli esperti, primo fra tutti il dottor Morant, antropologo, hanno constatato
interessanti analogie tra i due teschi. Nonostante alcune lievi differenze
(quello di Mitchell-Edges possiede una mandibola mobile, mentre quello del
British Museum ha la mandibola fissa), i due crani sembrerebbero fabbricati
con la stessa tecnica e forse dalla stessa mano.
Rimane pero' il mistero della datazione degli oggetti.
Il primo ottobre 1995 venne divulgato in Inghilterra il seguente comunicato
stampa, ripreso in Italia da alcune agenzie e apparso anche sul Televideo
che cosi' lo ha riportato:
"British Museum: Forse falso il cranio di quarzo azteco.
Potrebbe essere un clamoroso falso il cranio di cristallo di rocca che dal
1898 suscita lo stupore e l'ammirazione dei visitatori del British Museum, a
Londra.
L'opera e' stata attribuita agli aztechi ma gli esami effettuati dagli
esperti dell'universita' di Kingston hanno consentito di accertare che il
tipo di quarzo usato non esiste in Messico.
Finora, inoltre, non si era riusciti a capire con che utensile fosse stata
levigata la scultura. Secondo i ricercatori, da alcuni segni individuati sui
denti, si potrebbe pensare a strumenti d'acciaio.
In realta' anche in questo caso la prudenza e' d'obbligo. Una volta stabilito
che il quarzo non e' di origine messicana bisognera' individuare la vera
provenienza della materia prima, che potrebbe anche essere stata importata da
altrove.
Ma se da un lato l'ipotesi del falso viene portata avanti dall'archeologia
ufficiale esistono altre ipotesi prese in considerazione da studiosi meno
canonici. Stranamente infatti, sia nella cultura maya che in quella azteca,
ricorre la figura di una mostruosa divinita', non a torto ribattezzata dagli
archeologi 'dio della morte', che riproduce in maniera impressionante le
fattezze del teschio di Mitchel-Hedges. Per trovarne le tracce, occorre
portarsi nella zona sudorientale del Messico, presso Oaxaca', ove sono state
scoperte le spettacolari rovine di Monte Alban, uno dei piu' ricchi siti
archeologici del Centroamerica.
Nella tomba siglata con il numero sette gli scavi hanno portato alla luce uno
strano monile in oro, alto dodici centimetri, raffigurante un dio dalla
faccia di scheletro, riccamente addobbato. Questo pettorale, conservato nel
Museo Regional di Oaxaca', ha una curiosa particolarita': reca incisi degli
strani simboli, dei glifi di origine mixteca composti da cerchi e serpentine.
Gli archeologi sono concordi, si tratta di una sorta di stele di Rosetta, in
questo caso un calendario meta' mixteco meta' zapoteco. I simboli
indicherebbero una data. Di diverso parere e' invece lo scrittore svizzero
Erich Von Daeniken (uno dei piu' accaniti fautori dell'Ipotesi
Extraterrestre) che, osservando l'oggetto, al di la' della giusta
interpretazione archeologica, non ha potuto fare a meno di chiedersi chi o
che cosa possa avere ispirato quei simboli. "E' stupefacente.- ha commentato
- Questi cerchi e queste serpentine descrivono in realta' un moderno circuito
integrato! Ma chi puo' avere dato questa conoscenza ai primitivi?"
Per Von Daeniken, gli dei discesi dal cielo, ovvero gli extraterrestri. Per
il divulgatore inglese Raymond Drake, invece, queste memorie tecnologiche
mitizzate sarebbero un ricordo di antiche civilta' terrestri perdute, legate
alla mitica Atlantide. "Nell'America centrale le colonie di Lemuria
prosperarono per migliaia di anni e mantennero la cultura della madrepatria
per molto tempo ancora dopo la distruzione di Mu", scrive il nostro nel
libro "Gli extraterrestri e le civilta' scomparse" (Armenia, 1974).
E proprio un sacerdote atlantideo avrebbe potuto essere il dio dal volto di
teschio al quale venivano dedicati i sanguinari riti sacrificali praticati
nella penisola dello Yucatan. La popolazione di questo antico insediamento,
ove si alternarono Maya e Toltechi, estendeva la sua sfera di influenza in
Peru', Guatemala e Messico, ove tuttora esistono precisi riferimenti
archeologici al culto del cranio, e in Belize, ove Ann Mitchel Hedges
sostiene di aver rinvenuto il teschio di cristallo.
La piu' imponente costruzione dedicata al dio atlantideo e' il t'empio delle
tigri', una costruzione piramidale circondata dallo tzompatli, o rastrelliera
dei crani, una cinta ricoperta da bassorilievi che ripetono ossessivamente
lo stesso macabro motivo, una testa scarnificata vista di profilo. Il
ritratto del teschio di cristallo.
A questa insolita divinita', che i maya ritenevano giungere da Venere, e'
dedicato l'imponente complesso messicano di Oaxaca', un'area megalitica la
cui costruzione resta ancora un enigma. Al riguardo sempre Raymond Drake ha
scritto: "In quella zona velata di mistero si trovano i resti di cinque
epoche distinte, una sfida per gli archeologi, stupiti di non trovarvi
traccia dell'uomo primitivo. Le piramidi ed i cortili dei templi sembrano
essere arrivati li' da un altro pianeta. I costruttori olmechi avrebbero
tagliato la cima di una montagna, sradicato foreste, spostato massicci
blocchi di pietra da molto lontano, rimuovendo centinaia di migliaia di
tonnellate di roccia... Una prodezza di ingegneria non superata neppure
oggi. L'archeologo Hyatt Verrill non crede che questa colossale impresa
eseguita senza arnesi, veicoli e ruote possa essere stata eseguita da
semplici schiavi..."