Note

1- Jorge Luis Borges nato in piccolo quartiere di Buenos Aires come testimonia lui stesso attraverso le sue opere (soprattutto nelle sua produzione poetica), vedeva nella città al di fuori delle mura domestiche un mondo avventuroso, pieno di attrattive, forse influenzato dal suo precoce patrimonio letterario che aveva solide basi nei primi anni della sua fanciullezza nella biblioteca del padre.
Questa era fornitissima di volumi tra i quali, prediletti dallo scrittore, lle opere di Stevenson, i racconti di Oscar Wilde: ne è testimonianza il fatto che nel 1908 pubblica su "El país" la traduzione del racconto di quest'ultimo "Il principe felice", ma ricordiamo che in questo suo primo approccio con la letteratura hanno avuto parte fondamentale "Le mille e una notte", volumi che egli consultava di nascosto dal padre. Pubblicherà, infatti, nel 1936 nella "Storia dell'eternità" il brano critico "I traduttori delle "Mille e una notte" " segno che l'oriente con la sua natura fantastica, è ancora ben presente in lui.
Ma ritorniamo alla sua infanzia.
La città in cui è nato assumerà molta importanza soprattutto in "El Fervor de Buenos Aires", raccolta di poesie scritte in occasione del suo ritorno nel 1923 da sette anni passati a Lugano con la famiglia; il desiderio di ritornare nella sua amata città si scontra però con la delusione nel vederla estranea a sè. Borges riconosce, sì, le vie che un tempo percorreva, i tramonti e le "stelle antiche" che mirava pochi anni prima in patria, ma ormai queste non sono più cose completamente sue, perchè sette anni di tempo lo distanziano dalla sua vera Buenos Aires. In "Il ritorno" scrive:

"Alla fine degli anni dell'esilio
tornai alla casa della mia infanzia
ed ancora mi è estraneo il suo spazio."

e ancora:

"Che caterva di cieli
abbraccerà tra le sue mura il patio,
quanto eroico ponente
militerà nel profondo della strada
e quanta friabile luna nuova
infonderà al giardino la sua tenerezza,
prima che torni a riconoscermi la csa
e di nuovo sia un'abitudine!

C'è qui non solo il senso del tempo che ha distaccato Borges dall'abitudine familiare dalui tanto amata, che si manifesta attraverso quegli elemnti dicui ho poco fa parlato, essenziali nella sua infanzia: il girdino, casa sua, e i sentieri della città. Questo suo ritorno e quasi un "nostos" ulissiaco, un ritorno dopo mille avventure che si compie con il raggiungimento di una realtà mutata si ma solo nell'interiorità del poeta. Non approfondisco oltre il tema del legame dello scrittore con la sua città natia, per l'enormità dell'argomento che mi si prospetterebbe, dal momento che Buenos Aires sarà sempre un punto di riferimento soprattutto per il poeta Borges. E' da notare solamente che la sua patria viene spesso descritta attraverso immagini che non invidiano nulla a quelle dei classici: il Nostro, infatti, si rifà spesso ad una propria mitologia fatta di coltelli, specchi, labirinti, spade, tramonti, sentieri.

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