Ennio

L'Ingranaggio e la Rete 

Politiche di apprendimento e organizzazione



di Ennio Martignago

n. 0.3 - Luglio 1997




I cicli di Pareto e le mappe di Borges?


È sempre più difficile comprendere quanto sta avvenendo nel nostro paese. In condizioni sempre più difficili da accettare sopravvivono compromessi ed equilibri al confine con il miracoloso. Quello che viene da domandarsi è in quale modo ci accorgeremmo di aver preso una china irreversibile e che cosa accadrà quando ce ne accorgeremo. Tutto lascierebbe pensare che gli italiani sarebbero disposti anche a morire di inedia pur di non contrapporsi alla tendenza generale. E la tendenza generale non sta né a destra, né a sinistra. Senza la legge 180 si troverebbe ancora rinchiusa in una manicomio.
Di quando in quando, qualche amico viene a chiedermi quale possa essere il comportamento più corretto nel momento in cui ci si trova accerchiati dalla stupidità e dalla follia, anche da parte di persone non sospette. Chi non ha esperienze di tal genere in questo periodo? Che risposta dare? Sarei tentato di rinunciare persino a pormi la domanda. Poi, però, subentra la speranza. Soprattutto l'ironia. Ad un primo livello, infatti, la vecchia ironia di sofistica tradizione rimane una delle migliori forme di prevenzione della dementia potentatis. Ma quanto si può resistere in questo sorridente distacco, quando poi questo si va insinuando sempre più nei confini personali, nell'intimità dell'atonomia di pensiero? Allora occorre superare anche la terapia centrata sull'atteggiamento, sull'emozione e sulla predisposizione d'animo per costruire un'intervento più strategico. A me ora viene in mente solo un modo per far fronte ad un sistema basato sulla stupidità e governato dai folli: quello di portarlo al parosismo proprio esasperando i tratti su cui si fonda il delirio. Ma per fare questo occorre prima comprendere quali sono questi tratti. In questo ci aiuta poco la psicopatologia delle organizzazioni. I problemi che studiava a suo tempo Jaques sono oggi stati auspicabili. Dobbiamo attingere alla storia, a quella profonda, alla storia delle ere, a quell dei cicli. Stiamo attraversando un periodo unico nella storia dell'umanità, tanto unico da non riuscire neppure a comprendere che forma abbiano quei cambiamenti così intensi che viviamo tanto sulla pelle. Eppure possiamo ancora dirci fortunati che finora questi non si siano risolti in distruzione e che le soluzioni non siano state cercate necessariamente in maniera cruenta.
Il fatto più significativo a cui abbiamo assistito finora è la fine della politica e della ragione politica. I tecnici e i mercanti hanno preso il posto dei sacerdoti di palazzo. Abbiamo assistito al paradosso di un processo di campanilismo contemporaneo ad una globalizzazione universalistica, ambedue poco verosimili. E tutto ciò è avvenuto per stanchezza nei confronti delle iniquità del sistema precedente. Ecco quindi venirci in soccorso la letteratura. In
Storia Universale dellšInfamia, Borges ci mostra uno scenario abbastanza attendibile di trasformazione simile a quello che stiamo attraversando nella vita pubblica come in quella industriale.

Del rigore nella scienza...

In quell'Impero, l'Arte della Cartografia giunse a una tal Perfezione che la Mappa di una sola Provincia occupava tutta una Città, e la Mappa dell'Impero tutta una Provincia. Col tempo, queste Mappe smisurate non bastarono più. I Collegi dei Cartografi fecero una Mappa del-l'Impero che aveva l'Immensità delI'Impero e coincideva perfettamente con esso. Ma le Ge-nerazioni Seguenti, meno portate allo Studio della Cartografia, pensarono che questa Mappa enorme era inutile e non senza Empietà la ab-bandonarono alle Inclemenze del Sole e degli Inverni. Nei Deserti dell'Ovest sopravvivono la-cerate Rovine della Mappa, abitate da Animali e Mendichi; in tutto il Paese non c'è altra Re-liquia delle Discipline Geografiche.
Da Viajes de Varones Prudentes di Suárez Mi-randa, libro IV, cap. XIV, Lérida 1658.

(in Jorge Luis Borges, Storia Universale dellšInfamia, 1954, tr. it. 1961, Il Saggiatore, Milano)

Potremmo tranquillamente permutare i termini e vedere nei vecchi cartografi i politici di palazzo, i grandi manipolatori con le loro mappe in grado di controllare tutto l'impero. Ma anche i grandi industriali, quelli che facevano il mercato senza lasciarsene condizionare. Era il potere che legittimava gli uni e gli altri. La Legge e la norma, spesso identificata nelle persone, ma al contempo ricca di luoghi di discussione e di templi dedicati al rinnovarsi delle sacralità e dei valori. Oggi a vigere è la norma della soluzione, dello stratagemma. Nessuno ha più un potere sufficiente da poterlo imporre e le regole sono fissate sempre secondo un criterio di tipo indiretto, secondario: non ti aumento le tasse per i gettiti comunali, ma metto sempre più parcheggi a pagamento con la scusa di regolamentare il traffico; non licenzio più per farmi ricco sfruttando di più le maestranze, ma lo faccio per consentire all'industria di stare dietro alla globalizzazione dei mercati. E se quello era il tempo dell'istituzione e della regola, la legge, la norma, in questo tempo la legge è il Mercato, la norma è l'adattamento e le logiche sono costuituite dall'astuzia, la scaltrezza, la persuasione, la simulazione e la dissimulazione. Là dove allora era il principio di verità a dominare, qui è quello della verosimiglianza, dell'audience e della tendenza.
Pareto è stato uno dei pochi economisti nostrani ad avere una risonanza internazionale. I suoi strumenti statistici hanno fatto più fortuna oggi con i benchmarking e la qualità totale di quanta ne abbiano vista con lui in vita. Ma per me Pareto è importante soprattutto per una distinzione che operò, non tanto nell'esame dei cicli economici di breve durata, quanto in quelli di lungo periodo. Egli sosteneva, dunque, che nella storia tendono a succedersi periodi simili che si alternano sempre nello stesso modo. Vi sono i tempi dei leoni, quelli in cui è il potere regale dell'istituzione e dei suoi capi a dominare. In questi tempi la legge, il carisma, la fondazione dei soggetti e dei luoghi sono gli elementi più importanti, al punto che questo sembra essere l'unico modo per fare funzionare le cose. Persino le realtà che dovrebbero essere più agili come il commercio, l'arte, la creatività finiscono per essere irrigidite, subissate da norme è questo non è bene. Non si può infatti costruire una mappa grande quanto il territorio stesso. Non si può imporre la stessa norma, gli stessi tempi e gli stessi metodi a tutti. Ma i tempi dei leoni sono fatti così. Non si esce da leoni dai tempi dei leoni. C'è solo un modo in cui sistema può cambiare. Fare un passaggio strutturale repentino e violento nel corso del quale alla "razza" dei leoni si succede quella delle volpi.
Furbe e risolutive, le volpi trovano sempre il modo per risolvere le situazioni. Non danno più importanza alle leggi di quanta ne diano al modo per renderle più flessibili. La politica abbandona l'ideologia per abbracciare il compromesso e la promiscuità è solo un errore di interpretazione della logica precedente. La disponibilità è forte e anche un certo grado di libertà, ma vi è poca attendibilità e non si può fare affidamento in nessuna persona o contratto. Se quello dei leoni è il tempo delle guerre, quello delle volpi si caratterizza per la guerriglia e la pirateria.
Potremmo andare avanti a lungo. Occorre però anche dire che non esite un tempo in cui ci siano solo i leoni e solo le volpi. Qual'è il tempo migliore, dunque. Quello in cui il contingente delle volpi sia equilibrato rispetto a quello dei leoni. Ma anche questo non basta. Occorre che ai leoni spetti il posto dei leoni e alle volpi quello delle volpi.
Le volpi nel posto dei leoni non possono che essere infelici e prigioniere; i leoni in quello delle volpi umiliati e rabbiosi. Non c'è altro modo per risolvere le cose che costringere gli uni e gli altri ad abbandonare le posizioni improprie, anche se all'apparenza vantaggiose, per riprendere le proprie.
L'unico modo è spingerli all'estremo della loro follia.

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