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        Apollion Sun                  Attention Deficit  
                     Crackdown    De Glaen

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Hard Noise Apollion Sun  "God leaves (and dies)" (Mayan rec.)
Apollion Sun "God leaves (and dies)"

 

 

 

 

Tracklist

1.God leaves
2.Reefer boy
3.The cane
4.Concrete satan
5.Bedlam and blind

 

 

       
    

 

 

 

 

 

 

Alzi la mano chi, ascoltatore abituale di metal e suoi affini, non ha mai sentito parlare dei Celtic Frost ? Al massimo posso giustificare I "nuovi arrivati" in questa sfera musicale perchè effettivamente sono passati un pò di anni dall'ultima apparizione valida di Thomas Gabriel Fischer & Co., ma tutti coloro che hanno 25 anni ed oltre non possono aver ignorato il fenomeno Frost. Su di loro è stato scritto tutto ed il contrario di tutto, dall'essere Geni per il loro caratteristico sound "ombroso" e decadente infarcito di rock degli inizi anni '80 che ha influenzato centinaia di band e personaggi ora famosissimi, alla caduta di stile (per non dire sputtanamento...) del periodo a cavallo fra gli anni '80 e '90 quando persa ogni identità la band si buttava nel calderone regnante dell hard da classifica, ossia il Glam con tanto di rossetto, petto villoso e spandex shocking sulle copertine degli album (che belli quei anni, forse per il solo fatto che ero 10 più giovane....) e con risultati deprimenti !
Ma voi vi chiederete perchè tutto questo preambolo sui Celtic Frost nella recensione degli Apollyon Sun ? La risposta sta nel fatto che la mente sinistra nascosta dietro questa nuova dark-wave-insudtrial band è proprio Thomas Gabriel Fischer. Avete letto bene, dark-wave-industrial è il genere proposto in questo "God leaves (and dies ....)", almeno così l'ho interpretato io. Come dite, è una scelta abbastanza opportunistica visto l'attuale momento di grazia che stanno vivendo queste sonorità ? Forse, ma devo ammettere che sicuramente questo sound è "filosoficamente" molto più vicino al primordiale spirito CF di non quanto lo fossero i beceri tentativi di cambiare pelle fatti dalla seconda metà degli anni ottanta in poi; e con quale straordinario risultato ! "God leaves (and dies...)" è un disco di quelli che io amo definire post nucleare, perfetta colonna sonora per un film incrocio fra la cibernetica poeticità di Blade Runner ed il ritmo emotivo de Il Corvo, con atmosfere a volte dark, minimali ed introspettive, altre iper technologiche, lacerate e danzerecce (o pogherecce per gl integralisti). Le tracks sono molto curate negli arrangiamenti e la pirotecnica Bedlam and blind vi farà ballare (o se preferite pogare .....) come dei pazzi scatenati al centro della vostra stanzetta. Poi cosa importa se in Refeer boy la voce ricalca qualche timbrica usata dal Reverendo Manson, o se sparso nel cd qualche dub ricorda i Ministry. I ritornelli e ritmi di questi stornelli cybernetici vi faranno cantare e ballare per settimane.... e cosa volete di più ?
PierotuZ BuonoBuonoBuonoBuono

Hard Noise

Crackdown     "Rise-up"       (Diehard)   

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Tracklist

1.Never
2.Ten
3.Keep it in the family
4.Knife
5.Bury
6.Pride
7.Three days rain
8.Emptiness
9.A place

10.Make a change

 

Grandi. Dopo il debut album per la piccolissima Freak Out, i Crackdown sfornano questo secondo full-lenght per conto della danese Diehard che sta tentando di rinnovare il suo rooster con nuovi e interessanti hardcore-acts (vedi Barcode). E' proprio rabbioso hardcore che i nostri ci propongono, non troppo lontano da certe sonorità caratteristiche degli americani Biohazard. Ad avvicinarli ancor di più agli statunitensi è la presenza di uno special-guest d'eccezione, Evan Seinfeld, cantante e bassista dei Biohazard appunto. Dietro questo disco vi è una parte dello staff che lavora con gli stessi Biohazard e si sente. Prodotto in quel di Brooklyn, è proprio la registrazione scintillante e potente che rende piena giustizia alla musica proposta dalla band. I Crackdown non si lasciano pregare e riversano su noi tutta la loro rabbia, creando un wall of sound con un guitar-work mai troppo complesso ma efficace, con un'ottima prova dell'intera band (in cui entra il nuovo bass-player Andreone che prende il posto dell'ormai non più motivato Dima) e con delle liriche legate strettamente al quotidiano che non cadono mai in falsa demagogia e retorica. Traccia che da sola vale l'acquisto dell'intero album, è"Knife" un melting-pot dei Neurosis meno celebrali e dei Biohazard più diretti. Sicuramente sono destinati a diventare la band di punta dell'intero movimento italiano post-hardcore (come amo definirlo io),o post metal come ama definirlo la stampa ufficiale. Di una cosa comunque sono certo, quasti Crackdown hanno tutti gli attributi per esplodere al di fuori dei nostri patrii confini. Speriamo che l'imminente tour in compagnia di Earth Crisis e Barcode possa portare nuova audience alla band. Ripeto: GRANDI.
Luca Palmieri OttimoOttimoOttimoOttimoOttimo

Hard Noise

Alexander/Manring/Skolnick   "Attention Deficit"   

Alexander/Manring/Skolnick   "Attention Deficit"
Tracklist

 

Michael Manring è il bassista numero uno in circolazione, o se non altro è uno dei pochissimi a proporre dischi strumentali dagli incontenibili orizzonti. Dopo gli esordi che lo vedevano protagonista da solo, in studio, ha iniziato una serie di collaborazioni tenendo i piedi in due staffe : da una parte soddisfava il suo lato più acustico, un po’, fortificando l’immenso Aerial Boundaries di Michael Hedges ; dall’altra eccolo sfornare nel 1994 Thonk, enormità elettrica piacevolissima. In quel disco comparivano vari e grandi nomi di ambito "metal" : oggi con due di loro, l’ex batterista dei Primus e l’ex chitarrista di Testament e Savatage, Alex Skolnick, esplode nel progetto Attention Deficit, dove tutti e tre i musicisti possono dividersi la partecipazione : questo non è un disco di Michael Manring, è proprio Attention Deficit. C’è da dire che l’ombra proiettata è quella di Allan Holdsworth, e non può essere altrimenti per un progetto di fusion elettrica. I tre abbandonano le linearità melodiche di Thonk e si direbbe che a prevalere sia l’anima noise di Tim Alexander, che dispendia in 18 brani tutto quanto un batterista possa reggere a un anno dal 2000. Meraviglioso è il cambiamento di pelle di Skolnick, genilae risolutore di refrain semplici, dissonanti e memorizzabili al tempo stesso. E Manring dosa la propria immensità. Rispetto a Primus, Rush, Area, Pastorius, per citare alcune formazioni dove l’asse portante è basso-batteria, qui c’è un’omogeneità finora sconosciuta anche con la chitarra : non si tratta di sessioni ritmiche portate all’esasperazione, tutt’altro. Eccellente.
Marco Bazzichi OttimoOttimoOttimoOttimoOttimo

Hard Noise

De Glaen      "Due"      (Sony)   

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Tracklist

1.Dueuno
2.Duedue
3.Duetre
4.Duequattro
5.Duecinque
6.Duesei
7.Duesette
8.Dueotto
8.Duenove


 

Si e' mossa la Sony per il secondo album dei fiorentini De Glaen, e i fans potranno chimarlo "due" o disco bianco. E prendiamolo in effetti come il loro disco bianco, al di là della copertina: è un lavoro meno cupo del precedente, soprattutto molto più diretto. Ci sono sempre le influenze Primus, Living Colour di Stain, ecc. ecc., ma stilisticamente parlando questo disco dimostra che i De Glaen hanno le potenzialità per distinguersi definitivamente dall'atmosfera noise, talmente inflazionata da essere divenuta pesante: escono gruppi manco fossero patate, e la scena è complicata da seguire. Chi emergerà da questa melma? Potrebbero essere loro, per tre motivi: una grande facilità nell'assimilare vari schemi, anche post-rock (vedi la coda di "qual è la fragranza..." evitando di adottarne uno come canone; il carisma di Francesco Baroncelli; infine la sensazione che i tre si stiano coagulando in unità ben omogenea. Sono individualemte e tecnicamente ben preparati, riescono a scivolare di passaggio in passaggio trovandosi a memoria, ma....Ma manca il brano, l'idea, l'intuizione che li faccia esplodere. "Due" è veramente un bel disco nell'insieme, si lascia ascoltare, e non sfigura accanto ad altri da 15-20000 di vendita, ma compostivamente è un po' piatto. Mancano quelle 5-6 note che ti facciano dire: "ah, ecco, questi sono i De Glaen".
Il trio ha 26-27 anni, i margini di miglioramento ci sono e quindi questi ragazzi vanno sempre tenuti d'occhio, e sono sempre tra i migliori nell'intero underground italiano.
Marco Bazzichi BuonoBuonoBuonoBuono

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